Bambino, protagonista di vita - di Mons. Giovanni Battista Chiaradia

La figura del fanciullo come Eucarestia del quotidiano

10/08/2008
Nell’antichità greco-latina, che talvolta cito nei nostri incontri, il bambino non ha un grande ruolo nella società.
Il termine greco “pais” = bambino esprime la bassa posizione sociale e la condizione subordinata del bambino: quella del servo, del suddito, anzi dello schiavo.
Altra parola greca “nepios” da cui il nostro “nipote” ha il significato di inesperto, ignaro, stolto, debole, ma si giunge anche ad estendere il significato a “pazzo”.
 
Nell’Antico Testamento i vocaboli ebraici “jedeb e naar” indicano semplicemente il giovane, ma nel senso di accompagnatore, corriere, scudiero, servo.
 
Nel Nuovo Testamento, Paolo dice: “Non diventate come bambini: nei giudizi siate come bambini quanto a malizia, ma uomini maturi quanto a giudizio” (1 Cor. 14,20).
Anche per Paolo il concetto di bambino si alza di poco.
 
La sorpresa viene dal Vangelo.
Luca (18,25) narra il momento di riposo di Gesù e i bambini gli vanno attorno.
Ma i discepoli li rimproverano, ed ecco la sorpresa: Gesù li fa venire davanti a sé e dice: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il Regno di Dio”.
“In verità vi dico: chi non accoglie il Regno di Dio come un bambino non entrerà nel Regno dei cieli”.
Lascio a voi il commento: un salto in alto; da servo, anzi da deficiente, il bambino diventa protagonista di storia!
 
Altro passo biblico: è di Matteo 9,33 ss.
Gesù, con i dodici al completo, dalla Galilea scende a Cafarnao.
Nel tragitto, Lui, come sempre, davanti, gli altri dietro che stanno discutendo su “chi di loro fosse il più grande”.
Arrivano a casa, Gesù si siede e risolve la questione. “Se uno vuol essere il primo, sia il servo di tutti! E preso un bambino lo pose in mezzo ed abbracciandolo disse: “Chi accoglie uno di questi bimbi nel mio nome, accoglie me, chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”.
Una definizione più alta del bambino non è possibile.
 
Il bambino, oso dire, è l’Eucarestia del quotidiano.
Nel bambino la creazione ricomincia il suo evolversi nella storia.
Punto fermo, immacolato, della Parola creatrice di Dio.
 
Ultimo episodio del protagonismo dei bambini.
La liturgia della Domenica delle Palme, all’inizio della Settimana Santa, fa memoria di Gesù che entra a Gerusalemme.
Sa di entrare per l’ultimo atto della sua vita terrena. La conclusione sarà la croce.
Un silenzio enorme dei grandi del Tempio.
Era la festa della Pasqua ebraica. Giovanni riporta nel suo Vangelo al capo 12 che la folla prese dei rami di palma, uscì incontro a Gesù gridando: “Osanna, beato colui che viene nel nome del Signore”.
La Liturgia, sorta dopo la diffusione dei vangeli, all’inizio della Messa della Domenica delle palme dice:
“Sei giorni prima della celebrazione delle palme, quando il Signore entrò in Gerusalemme, gli andarono incontro i fanciulli portando in mano rami di palma e acclamando a gran voce: “Osanna nell’alto dei cieli. Gloria a Te che vieni pieno di bontà e di misericordia”.
 
L’immagine del bambino nella Bibbia:
tipo di vita esemplare, ineccepibile, riflette al massimo la presenza di Gesù, nulla teme per difendere la verità.
 
                                                                       Giovanni Battista Chiaradia