Quando la polifonia diventa sinfonia - di Mons. Giovanni Battista Chiaradia

La musica che parla a Dio

29/11/2008
All’inizio d’ottobre di quest’anno il Papa ha indetto un «Sinodo» dei Vescovi che, periodicamente, viene celebrato in Vaticano per discutere sul passato e sul presente, per prepararsi meglio al futuro: la conclusione il 25 Ottobre.
Nel saluto di ringraziamento ai Vescovi partecipanti all’evento, il Papa ha voluto ricordare che il Sinodo («cammino insieme» come detta l’etimologia greca) è stato un procedere intenso verso la conoscenza, sempre più incisiva, della Parola di Dio che si presenta principalmente nelle Sacre Scritture.
«È stata una scuola di ascolto, il nostro incontro», ha detto il Pontefice! «Abbiamo sentito nei diversi interventi una “polifonia” della fede che, alla fine, ha raggiunto una bella “sinfonia”».
Il Pontefice, che conosciamo vero artista della parola, ha voluto sintetizzare l’incontro dei Vescovi non solo come contributo razionale per un avvenire più incisivo della parola, ma anche come una sensibilità d’animo che si esprime molto bene con polifonia: la polifonia, infatti, raggiunge un accordo di un insieme che, alla razionalità, aggiunge il senso gratificante della concordia.
Così il convegno che si dipinge di colori diversi, dal pallido al rosso acceso, dal rosaceo al nero cupo del volto dei Vescovi partecipanti, diventa un «coro» unanime per donare e salvare.
L’intuizione del Pontefice, che trasforma una polifonia in sinfonia, viene dalla sua preparazione, non solo intellettuale, ma anche artistica.
Si sa che non termina una giornata, spesso razionalmente pesante, tra linguaggi diversi e cupi problemi del tempo, senza eseguire al pianoforte un pezzo di Brahms o di altri.
Sto pensando a Brahms, per le sue «Quattro sinfonie», e al «Requiem tedesco».
Chissà quante volte il Papa le ha eseguite al pianoforte, a sera, dopo pesanti giornate, tra guerre e catastrofi, per chiedere al Signore pietà, perché la parola tace sotto il peso di tante rovine e lascia il posto ad una sinfonia per i vivi ed ad un requiem per i morti.
Nella Bibbia appare che la preghiera, prima di essere parola, è stata musica e danza. Nel primo libro delle Cronache (13,8) si legge «Davide e tutto Israele danzavano davanti a Dio con entusiasmo, cantando e suonando cetre, arpe, tamburi, cembali, trombe».
Nel Salmo 50, che è un invito alla preghiera al Signore, si afferma: «Lodatelo con squilli di tromba, lodatelo con arpa e cetra lodatelo con timpani e danza, lodatelo sulle corde e sui flauti, lodatelo con cembali squillanti, lodatelo con cembali sonori».
Non è solo fantasia, ma realtà: se in una giornata pesante cupa ed orizzontale potessimo far risuonare in noi, non tanto la preghiera come parola, quanto una personale indicibile e verticale sinfonia dell’anima, tutta nostra, che, nel silenzio, incontrasse il Signore, corpo ed anima riposerebbero tranquilli sotto lo sguardo rassicurante di Dio.
(Mons. Giovanni Battista Chiardia)