Restituire alla Messa il suo senso - di P. Giuseppe Pirola sj

Una festa di liberazione e riconciliazione con Dio

22/08/2009
Gesù, dopo la moltiplicazione dei pani, annuncia il mistero dell’Eucarestia. Per farsi capire dagli ebrei che l’ascoltavano, ricorda loro un fatto della loro storia, l’intervento divino che li liberò dalla fame nel deserto, il dono della manna, il pane disceso dal cielo nella notte e che al mattino gli ebrei trovarono al suolo e raccolsero per sfamarsi. Gesù promette loro un nuovo pane disceso dal cielo, il suo corpo e il suo sangue per la vita di tutti gli uomini; precisa poi la differenza che passa tra la manna, il pane disceso dal cielo, che gli antichi ebrei hanno mangiato ma poi sono morti, e il nuovo pane disceso dal cielo, il suo corpo e sangue, che dà invece la vita eterna. Con ciò Gesù pone fine al sacrificio ebraico di riconciliazione con Dio che consisteva nell’offerta di animali uccisi di cui poi si mangiava assieme la carne. Al sacrificio di animali Gesù sostituisce la libera offerta della propria vita che gli sarà tolta durante la sua Passione e morte, a vantaggio di tutti gli uomini per la loro liberazione dal peccato e dal destino di morte, perché appunto essi abbiano la vita eterna, o un rapporto con Dio, che neppure la morte potrà mai intaccare, e durerà per sempre.
Gli ebrei non capiscono il senso della promessa di Gesù, e cioè che voglia dire mangiare la carne e bere il sangue di Gesù; ma per noi quelle parole sono ormai chiare: parlano dell’eucarestia che celebriamo ogni giorno nella santa Messa, in cui viene consacrato il pane e il vino che diventa il corpo e il sangue del Cristo morto e risorto, che poi riceviamo nella comunione. La promessa dell’eucarestia apre quindi una sola domanda: qual è il senso della santa Messa cui partecipiamo alla Domenica e negli altri giorni? 
Conosciamo quali sono i tre momenti della Messa: dopo la domanda di perdono dei peccati, seguono le letture dell’Antico e Nuovo Testamento e del Vangelo; facciamo memoria cioè della parola di Dio. Segue, dopo l’offertorio del pane e del vino, la consacrazione del pane e del vino in memoria della passione, morte e resurrezione del Signore, che termina con la preghiera del Padre Nostro, che celebra la nostra riconciliazione con Dio per mezzo del sacrificio di Cristo: divenuti cioè tutti figli di Dio, nel momento della comunione in cui tutti riceviamo il corpo e sangue del Signore, diventiamo fratelli in Cristo, e quindi in pace tra di noi, per cui scambiamo il segno di pace.
Il senso è chiaro: entriamo in chiesa tutti come peccatori che hanno offeso Dio, e che si sono offesi gli uni e gli altri tra loro, e torniamo a casa liberi dal peccato, in pace con Dio e con tutti.
Sto descrivendo la Messa o sognando?
Quel che succede a Messa di solito non è questo. Il difetto non è solo del laico. Se provate a guardare l’orologio vi accorgerete che la maggior parte del tempo della Messa è occupato dalla prima parte, le letture bibliche cui segue la predica del sacerdote; su quaranta-quarantacinque minuti di Messa, trenta vanno per la prima parte. Per la seconda e terza parte, restano da dieci o quindici minuti, specialmente se la distribuzione della comunione ai fedeli si prolunga per l’alto numero dei partecipanti: Il che vuol dire che le due parti più importanti della messa in cui l’attore è Gesù Cristo stesso, non il sacerdote che recita il racconto dell’Ultima Cena e dunque ciò che Gesù Cristo continua ad operare - e cioè la nostra liberazione dal peccato che ci divide da Dio, e ci riconcilia con Dio Padre, e ci riconcilia poi tra noi, ponendo fine a tutte le nostre divisioni portando ci fino a celebrare la gioia della fraternità ritrovata nello scambio del segno di pace - è ridotta al minimo, e il tutto passa in breve nel silenzio dei laici che ascoltano la preghiera che il sacerdote recita, più un po’ di canti alla comunione, con lo scambio del segno di pace, ridotto a gesto innocuo e inoperoso, al pari dello scambio del buon giorno. Ho chiesto invano a dei liturgisti di darsi da fare per restituire alla Messa il senso che ha, di una festa di liberazione e riconciliazione con Dio e di una fraternità sempre ritrovata al di là dei nostri sbagli sempre ripetuti, una Messa cioè che faccia vivere ai fedeli quel che promette; ma non ho avuto risposte utili. Ma non dispero, e invito anche voi a non disperare. Consiglio perciò di fare un esperimento. Prendiamo una coppia che ha litigato e i cui rapporti sono tesi. Essi provino ad accordarsi di sospendere le discussioni e di celebrare la Messa con letture bibliche adatte che ricordino loro il tempo in cui il matrimonio è stato vissuto come atto di amore reciproco donato e fruito insieme; provino a vivere ciascuno in tutta intensità il momento della consacrazione, o della memoria della passione morte e resurrezione del Signore, («Fate questo in memoria di me»), e di fare più insieme la comunione. Mettiamo Dio alla prova, ma sottoponiamoci anche noi alla prova di Dio. E magari ritrovando il rapporto con Dio, ritroveranno anche il loro amore. 
P. Giuseppe Pirola sj