San Giovanni Battista - di Mons. G.B. Chiaradia

A tutti coloro che incontrano il deserto nella vita di oggi

24/07/2010

La festa di San Giovanni Battista (Patrono della Chiesa dei Santi Giovanni e Agostino dove sono parroco da quasi sessant’anni), giunge all’inizio del periodo di … vacanza, di ferie. Un Santo che non si ricorda mai.

Se si pensa a Giovanni Battista, si associa subito al deserto dove, come testimoniano i Vangeli, il precursore di Gesù ha iniziato la sua predicazione.
Si tratta del deserto di Giuda a sud della Palestina, descritta dal libro del Deuteronomio come «grande e terribile», con «serpenti velenosi e scorpioni», «terreno arido e senz'acqua».
L'acuto contrasto tra il «deserto» e il «seminato», il «nomade» e il «contadino» era carico, ed ancora oggi lo è, di frizioni costanti, di lotte fratricide e di guerre. Il deserto biblico ricorda, continuamente, la realtà del pericolo, delle asprezze e della morte e costituisce pure il rifugio di fuggitivi e di banditi. Perdere la strada nel deserto, dice Giobbe, significa morte sicura…
Il castigo di Dio trasforma un giardino in un deserto, dice Geremia, ed Isaia lo fa residenza di bestie selvatiche e di demoni.
Tuttavia, il deserto biblico possiede una dimensione altamente positiva nel concetto di una pedagogia vecchia quanto l'uomo: quando si passa attraverso il tunnel della sofferenza e dell'impegno anche pericoloso, si raggiunge la totalità della vita.
Dopo il periodo della schiavitù in Egitto, Israele incontrò Dio proprio nel deserto e qui, da tribù, da figlio di Abramo, divenne nazione eletta, popolo santo, particolarmente protetto dalla nube di Dio.
Il primo profeta, Elia, incontra Dio nel deserto.
Infine il deserto diventa il tipo dell'esperienza cristiana, come afferma Paolo, in quanto prova, caduta, riflessione, liberazione.
Anche Gesù trascorre quaranta giorni nel deserto, tra il digiuno, la preghiera e la lotta contro le tre tentazioni.
Nell'Apocalisse, la «Donna» fugge dal serpente in un luogo preparato da Dio nel deserto.
L'archeologia del Sud-Palestina ci rivela che, nei primi decenni dell'era cristiana e forse anche prima, a Qumram, nella zona arida, stepposa, cosparsa di sale del Mar Morto, si era formata una comunità che, forse, stanca del regime religioso e politico di quel tempo, pregava, meditava, contestava, commentava, in numerosi papiri e pergamene, la Bibbia per trovarvi lo slancio per un mondo nuovo. San Giovanni conosceva quel gruppo? Era dei loro? Era d'accordo con la loro dottrina? Forse no: i Vangeli non ne parlano.

Certo è che quella gente aveva scelto un sito desertico a 300 metri sotto il livello del mare, per riflettere e pregare per questioni molto serie. Ora si capisce la presenza di Giovanni nel deserto. A chi predicava? Alla sabbia, alla steppa, ai sassi corrosi dal sale del Mar Morto, perché non trovava più ascolto tra la gente implicata nell'empietà del suo monarca Erode. Ma forse predicava a tutti i deserti che l'uomo incontra nei secoli. A tutti coloro che finiscono soli, magari seduti sul letame come Giobbe. A chi è toccato dalla disperazione. A quelli che si sentono nascere dentro l'angoscia. A quelli che brancolano nel buio e non hanno più fiducia in niente e in nessuno, né in quelli che sono «su», né in quelli che sono «giù». Né in quelli che ti sono accanto, per dire a tutti di non agitarsi, di stare calmi che, prima o poi o dopo, arriva Uno del quale, anche tu, come Giovanni «non sei degno di sciogliere i legacci dei sandali».
Uno di una potenza infinita che ti immerge corpo, mente, cuore, nervi nella Sua vita pericolosa tanto da perderla, ma per guadagnarne un'altra anche per te.
Qui, subito, luminosa, di una luce feconda, come chicco di grano, libera come il vento, sconvolgente come un uragano, eppure piccola e nascosta come violetta di primavera, ma di un profumo che affascina e che i miasmi del tempo non potranno mai cancellare.
Mons. Giovanni Battista Chiaradia