RICONOSCENZA, GRATITUDINE… di don Gigi Di Libero sdb

… una preghiera speciale …

13/10/2013

Questa domenica, nella Eucarestia viene proclamato il brano del Vangelo di Luca che ci ricorda la guarigione miracolosa di dieci lebbrosi da parte di Gesù.

Ciò che viene sottolineato è il particolare che:“Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».” (
Luca 17,11-19)

Mi ha colpito sempre fortemente questo richiamo di Gesù alla gratitudine, al ringraziamento; per di più incastonato ed evidenziato in una situazione di fede legata, inaspettatamente, ad un “infedele” che “unico” dimostra di avere la “fede” di riconoscere che era assolutamente per lui necessario ritornare ad incontrare Gesù e riconoscere l’“incredibile” che aveva fatto in lui e per lui..
Penso che sia ovvio, se ci si ferma riflettere, che Gesù non si riferisca tanto a semplice riconoscenza... non si tratta di un semplice insegnamento sul dovere morale della riconoscenza umana.
Non è certo il modo di pensare e di reagire di Gesù quello che si esprime nella generica, sia pure dolorosa, affermazione “non c’è più gratitudine, in questo mondo!”, e neppure irritazione per un mancato riconoscimento dei suoi meriti nei loro confronti.
Il vero e profondo sentire del Maestro da una parte vuole stigmatizzare la mentalità mondana di chi idolatra l’autosufficienza e si esalta il non dover dire grazie a nessuno, sentendosi padroni di se stessi; dall’altra vuole puntare con decisione alla verità inaudita e meravigliosa dell’evento da Lui realizzato: la salvezza dalla lebbra era ed è solo il segno di un’altra salvezza.
Dice bene un commentatore “senza la capacità di lodare e di ringraziare, non avviene o cessa quella misteriosa guarigione profonda molto più importante di ogni guarigione fisica”: la guarigione nella fede, di cui tutti abbiamo continuamente bisogno ed è sistematicamente messa alla prova.
Gesù ce lo sottolinea, quasi inaspettatamente ma in modo decisamente provocatorio: «Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato!»
E la provocazione diventa emblematica e profetica perché quell’unico che è ritornato a dargli lode e gratitudine per l’accaduto è un samaritano.
Un samaritano agli occhi dei contemporanei di Gesù appare come uno straniero, infedele e lebbroso: in realtà proprio lui manifesta una fede più grande di quella degli altri miracolati.
Il samaritano rappresenta un’alternativa all’ipocrisia imperante di chi, quando le cose vanno bene, dimentica facilmente di avere avuto bisogno, di avere supplicato, invocato, pianto.
Lo sperimentiamo ogni giorno e con tristezza che quando i rapporti personali sono tutti basati sull’utile e sul piacere, è ben difficile aprirsi alla contemplazione dell’amore gratuito di Dio.
Anzi la mentalità utilitaristica ed egocentrica snatura gli atti religiosi.
E noi credenti sappiamo che se ci lasciamo plasmare da questa triste e disumana mentalità perdendo il senso del gratuito, molto probabilmente non riusciamo più a vivere con trasparenza l’esperienza stessa dell’Eucaristia.
Ecco dunque il punto forte che, penso, dobbiamo portare a casa (cioè nel nostro cuore e nella nostra vita) da questa pagina del Vangelo: la RICONOSCENZA O il RENDERE GLORIA A DIO.
E più in profondità: È la stessa cosa? C’è molto di più?
Credo proprio di si.
Prima di tutto c’è la revisione radicale di noi stessi: miracolati dall’azione continua di Dio che la fede ci fa constatare, dobbiamo porci la domanda sul chi siamo davvero dopo aver ricevuto la visita di Dio … siamo sempre gli stessi o siamo sempre “trasformati”? …. E Chi ci ha trasformati e perché ?
Di conseguenza è necessario una seconda revisione radicale: Dio in azione è da noi realmente riconosciuto e amato per la sua, da noi immeritata, generosità o misericordia generosa?
E, di conseguenza, una terza revisione radicale: potremo rimanere quelli di prima nel condividere l’esistenza con gli altri? … Non sarà forse inderogabile divenire suoi testimoni e apostoli viventi, gioiosi e per sempre?
Davvero questa pagina del Vangelo non vuole darci una lezione di galateo ma è un pressante invito a vivere la fede riconoscendo con meraviglia e gratitudine la continua opera di Salvezza che Dio compie in noi e nella storia tutta.
È un invito a pregare così:
Ho poco “tempo”, ma troverò tutto lo spazio che posso, per Te.
Ho poche energie, ma prenderò la mia bisaccia e mi incamminerò verso la missione quotidiana.
Ho poca voglia, ma rispetterò gli impegni quotidiani cui mi lega il cammino: la preghiera, la messa, le promesse.
Ho poca pazienza, ma te la dono e ogni giorno perdonerò mio marito, mia moglie, il fratello o la sorella che mi hanno ferito.
Ho poca scioltezza nel comunicare, sono timido, ma accetto di parlare di Te, accetto di annunciarti sempre e a tutti.
Ho poco denaro, ma mi fido di te e continuo a dare la mia decima.
Ho poca salute e poca serenità, ma affido a te tutte le mie sofferenze e ti servirò con fiducia nella lode e nella testimonianza.

don gigi di libero sdb

gigidilibero@gmail.com