La bugia semiologica

Significato di bugia semiologica (così in voga e purtroppo tanto in uso nel nostro tempo) in contrapposizione alla verità di Dio

13/03/1996

Il sig. (o sig.ra) A.B. mi internetta: "Non so se la mia domanda entri nel campo di una predica; ma mi piacerebbe sapere qualcosa di più della bugia semiologica, alla quale Lei ha fatto un accenno in uno delle prediche passate".

Rispondo ben volentieri: certamente anche la bugia semiologica, come ogni altra forma di menzogna, interessa il discorso religioso che cerco di fare con le mie prediche. Infatti, Dio e' verità; e tutto quello che in qualche modo gli si oppone interessa il discorso religioso, cioè il discorso del rapporto dell'uomo con Dio.

La "bugia semiologica" (il termine l'ho coniato io nei miei quasi 50 anni di studi sulla comunicazione, ma e' l'ovvio accostamento di due parole comuni) e' un tipo particolare di bugia che afferma cose false con elementi veri. P.e., se a uno che mi chiede se ho dei soldi in tasca, rispondo che non c'ho una lira e invece c'ho mille lire o un milione, dico una bugia (cioè affermo una cosa contraria alla verità), ma con un'affermazione ch'è già falsa in se stessa, perché direttamente non corrisponde a quello che io so essere la realtà. E' una bugia normale. Se invece a quel tale io rispondo: "Ma cosa vuoi che c'abbia?", magari accompagnando le parole con un gesto sconsolato delle mani, praticamente faccio intendere che non c'ho niente (il che non è vero, perché è contrario a quello che io ho), ma non lo faccio con un'affermazione falsa, sia perché chiedo e non affermo, sia perché il gesto delle mani non dice: "niente", bensì: "sono desolato". Ho fatto credere di non aver niente in tasca in un modo traverso, non con la materialità falsa dei segni.

La bugia semiologica è vera "bugia" perché di fatto afferma una cosa falsa; ma è "semiologica", perché dipende dal come si usa un segno che di per sè non è falso.

La bugia semiologica praticamente e' sempre esistita, magari sotto altre denominazioni (in fondo anche la "restrizione mentale" che in certi casi e' lecita, e' una specie di bugia semiologica); ma nei miei studi ho sentito il bisogno di evidenziarla particolarmente, perché i mass media - proprio per la natura dei loro linguaggi - di fatto tendono a comunicare cose praticamente false con segni che di per se' corrispondono a verità. P.e. se io faccio una fotografia a Pinco Pallino con un certo tipo di obiettivo e con una certa angolazione, lo posso far sembrare obeso oppure stecchito, mentre egli è normale; quindi la conoscenza che io ne do con la mia fotografia è falsa (cioè non corrispondente alla realtà), ma la do con elementi veri, perché effettivamente la persona ritratta è Pinco Pallino: ho solo usato uno strumento, la cui caratteristica e' proprio quella di riprodurre (ma de/formatamente) i contorni della realtà. Però la bugia c'e', perché ho usato le caratteristiche di quello strumento per esprimere non la realtà nella maniera più vera possibile, bensì una mia interpretazione della realta' stessa. La bugia quindi e' nel modo di fotografare quella persona: tipo di obiettivo e di angolazione.

Ma il bugiardo sono io o la macchina?
Io non posso fare una fotografia senza obiettivo e angolazione; quindi e' la specifica natura dello strumento che mi rende difficile, e talvolta impossibile, far conoscere la realtà come essa e', mentre mi facilita il desiderio di imbrogliare. Ma la scelta specifica di un tipo di obiettivo e di angolazione dipende da me; e quindi eventualmente il bugiardo sono io. Quindi "bugia", perché sono io che dirigo quello strumento in funzione di falsità; "semiologica", perché lo posso fare in forza del tipo di strumento che uso per fare il segno.

Osservo: se uno conosce quello strumento e lo usa, deve sapere anche che esso è "alterante la conoscenza della realtà" già di per se stesso e quindi deve essere molto accorto nell'usarlo, proprio per questa sua caratteristica; ma è anche vero che questa caratteristica fa molto comodo a chi - nei media e con i media - vuol far credere quello che non è, senza apparire bugiardo.

Copertina de L'Espresso - Esempio di bugia semiologica

Quindi dobbiamo stare attenti noi, recettori, nel credere alle comunicazioni che ci vengono dai mass media. I modi di "bugia semiologica" sono innumerevoli: può essere la composizione d'una pagina di copertina, come quella qui riprodotta: il disegno della faccia del personaggio di cui si vuol dire fa pensare a un'altro personaggio, di tutt'altro genere caratteriale, e quella parola "prepotenza" ("ora e sempre" poi!) incollata sotto quel volto sgradevole ingenera una comunicazione negativa circa la persona rappresentata.

Quella comunicazione negativa si insinua nel pubblico, sia esso favorevole o sfavorevole a quella persona, senza dargli molto modo di riflettere. I modi, dicevo, sono innumerevoli: p.e. dal mettere i titoli di giornale senza verbo (con la scusa vera o presunta della maggior incidenza), fino al modo di impaginare e di leggere le notizie d'un telegiornale o addirittura fino al distrarre l'attenzione del pubblico da fatti importanti (p.e. un'azione fiscale del governo) con notizie circa argomenti di richiamo, ma di scarso valore oggettivo.

Come si vede, il discorso interessa moltissimo la vita religiosa e morale, perché noi oggi siamo continuamente bombardati da informazioni che spesso nascondono o possono nascondere vere e proprie bugie semiologiche.

Queste ci allontanano dalla conoscenza della realtà oggettiva e quindi ci possono far deviare anche da un comportamento corretto e morale nella nostra vita individuale e sociale. Il che è contro Dio, perché - come ho detto - Dio è verità.

Ma il discorso diventa veramente impegnativo, perché fino a che punto siamo complici o vittime di una vita impregnata di menzogne?

A risentirci, cordialmente

P. Nazareno Taddei sj