L'acqua benedetta di Trapattoni

II recente mondiale di calcio ha evidenziato una pratica - l'uso dell'acqua benedetta da parte di Trapattoni - che ha suscitato scalpore e scandalo... Perché?

19/06/2002
Il sig. A.T. mi internetta: «Cosa pensa di Trapattoni che versa l’acqua benedetta per far vincere la squadra: è azione da esaltare o da demonizzare?»
Rispondo: esaltare, perché? demonizzare, perché?
Quel rito di Trapattoni non è certo un atto liturgico, ma nemmeno vorrei dirlo un atto demoniaco. E’ certo un atto che si avvicina – a mio parere – più alla profanazione e all’abuso delle cose sacre che alla superstizione, di cui ha qualche caratteristica; quindi sotto questo aspetto è tutt’altro che lodevole. E soprattutto tutt’altro che imitabile: l’aiuto, di Dio si invoca in ben altre forme.
 
Ma è un caso che probabilmente va visto meglio.
 
Anzitutto, i fatti. Mi riferisco e mi limito alla partita dei mondiali dell’Italia contro il Messico.
Non ho seguito la partita odierna – persa dalla squadra italiana - contro la Corea; non so quindi se anche oggi Trapattoni  abbia o non abbia ripetuto il suo rito. Dicono che egli si porti sempre la bottiglietta dell’acqua benedetta e la usi nei momenti difficili. E’ quindi probabile che anche oggi l’abbia usata; ma in questo caso, la faccenda non avrebbe funzionato. Vogliamo ridere? Mah! Forse è meglio andarci piano.
Alla partita col Messico, in tv, m’è capitato  per caso di vedere che, all’ultimo quarto d’ora della partita, quando tutto oramai volgeva al peggio, Trapattoni ha fatto entrare in campo Del Piero, s’è seduto, ha estratto la bottiglietta dell’acqua benedetta e ne ha versato in terra un po’ in modo da bagnarsene le dita. Poco dopo il goal del pareggio; per la verità uno strano goal, sbucato fuori quasi a caso o per una straordinaria – veramente straordinaria, tanto da parer casuale – abilità del giocatore.
Caso o frutto di quel rito? Non so; né penso si possa sapere.
So però che non c’è né da esaltarsi né tanto meno da ridere o demonizzare.
 
C’è infatti un altro aspetto: Trapattoni ha affermato di credere in Dio, ha assistito alla Messa per la squadra, ha una sorella suora che lo segue e lo assiste. Per lui, quel rito - a torto o a ragione – pare proprio un atto di fede. Non certamente teologicamente impostato o corretto, ma non sappiamo se piú vicino alla fede o alla superstizione. Un atto di fede personale.
Cosa si può dire allora?
Direi che si deve pensare al classico detto: «ludens Deus in orbe terrarum (Dio gioca nelle cose della terra)». Potrebbe anche darsi, quindi, che volesse (almeno in quel caso) accontentare quell’(ingenuo) atto di fede.
Per questo, penso che prima di demonizzare o di ridere, è bene andar piano, pensarci due volte.
 
E dacché siamo in argomento, direi che invece c’è un altro aspetto, non già di Trapattoni bensì dei Mondiali e in genere del gioco di calcio, da demonizzare, nel senso che non è certo comportamento cristiano (ma vorrei dire civile e sociale): una nazione non ha il diritto di fermarsi per una partita, cioè per un gioco, sia pure internazionale. L’Italia – gli italiani - né vince né perde, se la squadra che la rappresenta nel gioco vince o perde. Tanto piú che, come s’è visto proprio nei Mondiali di questo anno, al di là del merito di gioco, ci sono interessi che certamente non si possono ascrivere al «gioco (ludens)» di Dio.
Una vita ordinata – e, di conseguenza, una politica degna di questo nome – non può sconvolgere la gerarchia dei valori: lo sport ha la sua dignità se conserva il suo posto, che è quello del divertimento e dello svago; posto che – per quanto legittimo e, anzi, doveroso - viene ben dopo quello della cultura e della politica, oltre che quello dell’educazione e della formazione del cittadino. Ma se lo sport si mette al posto del dovere dei cittadini o al posto dell’informazione (cfr. i tg che si spostano per permettere di seguire una partita), siamo fuori posto socialmente e moralmente.
Se poi non si bada alla vera realtà dello sport, ci si accorge che la confusione mentale comincia già dalla considerazione di ciò che lo sport è: anzitutto, esercizio fisico personale per una corretta manutenzione fisica della persona; in secondo luogo, spettacolo, passa-tempo, anche questo più che apprezzabile per un equilibrato benessere del corpo e dello spirito; in terzo luogo, passione, che può divenire smodata, come nel caso più sopra deplorato.
So bene che questo è un discorso fuori del sentire attuale, dove la deregulation, è diventata la legge imperante. Ma è errore. Stiamo già costatandone gli effetti tremendamente negativi.
E’ quindi necessario che, da buoni cristiani, ci rendiamo conto della verità e ci comportiamo di conseguenza.
 
Sempre a disposizione. Cordialmente

 

P. Nazareno Taddei sj