La gelosia

Si affronta il sentimento della gelosia e ci domandiamo: Dio è geloso? - Ecco la risposta.

06/02/2003
«Cos’è la gelosia?» mi chiede il sig. M.M., sotto l’impressione (se ho capito bene) di un “Porta a Porta” di qualche giorno fa («Morire di gelosia» tra cui «perché si uccide per gelosia?»), dove effettivamente s’è parlato di gelosia senza mai aver detto che cosa essa è.
 
 «Gelosia», dice il vocabolario, è il sentimento ansioso e tormentoso di chi teme di perdere, per intervento d’altri, il bene della persona o della cosa amata.  Ma il senso vero della gelosia forse è più vasto di quanto non indichino i nostri vocabolari.
Infatti la gelosia è parola che nasce, per una deformazione medievale toscana, da «zelote» (geloso), che a sua volta deriva da «zelo», cioè fervore, invidia.
Questa origine mi pare illuminante: il concetto di zelo non è solo sentimento, bensì sforzo serio e intenso per raggiungere un determinato scopo.
«In greco viene espresso con vari vocaboli: «zetéo» che sottolinea soprattutto il senso di sforzo, di tensione, di aspirazione; «spoudê» che significa la serietà e la tensione sempre in senso positivo; mentre «zêlos» può avere anche sfumature negative, quando è determinato da motivi egoistici e diventa quindi un pericolo per la comunità.» «Zelotes», poi, da cui deriva più direttamente la nostra parola «gelosia», significa fanatico, zelatore.
«Gelosia», quindi, è quando lo zelo è inteso in modo sbagliato: gelosia appunto, invidia, contrarietà.
Questa etimologia, comunque, spiega perché anche Dio è geloso: ha fervore nel confronto del cosmo e degli uomini che ha creato; e ciò nel duplice senso di quando si dirige contro chi fa il male (Dt 19,20; Nm 25,11) e contro l’infedeltà del suo popolo; e di quando si rivolge ai giusti per manifestare la sua misericordia e si mostra come il Signore della storia.
 
Nel Nuovo Testamento, la parola «zêlos» è intesa in senso negativo, p.e., la gelosia è quella dei fratelli che vendono Giuseppe (At 7,9), dei Giudei per i successi degli apostoli (At 5, 17; 13, 45; 17, 5). Gelosie e contese sono una brutta minaccia per la vita di una comunità, come dice San Giacomo (Gc 3, 16): il cristiano deve agire spiritualmente (Gal 5, 20 sgg) e onorevolmente (Rom 13, 13) senza perdersi nella gelosia.
Il Vangelo, quindi, condanna la gelosia, pur condannando anche lo zelo eccessivo per la legge.
Si può dedurre che la gelosia non è un male in se stessa, bensì lo è quando in qualche modo va all’eccesso, p.e. egoistica, che non tiene conto dei veri diritti della persona (o cosa) amata: si pensi p.e . a  una madre talmente gelosa del figlio da diventare ossessiva anche nei suoi confronti.
La gelosia, anzi, è doverosa fino a un certo punto: è frutto di un amore giusto, non egoistico né violante diritti altrui; un amore deve essere difeso contro pericoli esterni. Diventa male, ripeto, quand’è eccessiva,  cioè non è più amore, bensì egoismo.
Se c’è sospetto di qualcosa che non funziona, la gelosia permette, anzi esige, di farsi attenti e di provvedere nei modi opportuni; ma non certo di prendere decisioni… catastrofiche o comunque eccedenti i limiti della «verità, giustizia e carità, nella libertà». Analogamente, quando il sospetto si mostrasse fondato, la gelosia non può eccedere le sue funzioni, bensì può e deve limitarsi a suggerire provvedimenti adeguati, sempre rispettosi di «verità, giustizia e carità, nella libertà».
 
Cade a questo punto l’altro quesito accennato in apertura: perché si uccide per gelosia.
La risposta è abbastanza semplice: affermato che la gelosia (anche accertata la colpa di chi l’ha provocata) non dà mai diritto a uccidere, se spinge a farlo significa che è fuori strada, perché diventata egoistica ad alto grado, quindi assolutamente negativa e gravemente peccaminosa, già come gelosia, che di per sé è diritto e dovere e quindi valore positivo.
Infatti, si uccide per egoismo e, diciamo pure, per egoismo stupido: è come se il geloso dicesse: «Ti ammazzo perché non vuoi più essere mio»; ma non si accorge che uccidendo, si priva da solo, con le sue mani e irrimediabilmente, dell’oggetto del suo amore, che non potrà più tornare indietro anche se pentito realmente d’essere venuto meno al proprio impegno.
 
In conclusione, la gelosia è un valore,  anche bellissimo, della vita: è un diritto oltre che un dovere, tanto che ci può essere anche peccato d’omissione nei suoi confronti, quando p.e. per indifferenza o trascuratezza o altro non si attende a un rapporto che va difeso e sostenuto. Ma è un valore quand’è equilibrato, cioè secondo «verità, giustizia e carità, nella libertà»; altrimenti diventa un abbrutimento della dignità umana: un fiore che marcisce e puzza.
 
Cordialmente, sempre a disposizione

 

 
P. Nazareno Taddei sj