La regalità di Cristo - di Mons. Giovanni Battista Chiaradia

La Verità viene uccisa nella storia, ma risorge sempre nel Cristo

02/06/2007
La vita di Gesù, come appare nei Vangeli può essere sintetizzata una continua glorificazione. Una regalità.
Presenta la propria persona nel quotidiano della giornata in continua ascesa verso il meglio, l’ottimo.
Quasi per contrastare la sua nascita in una capanna di pastori all’età di 12 anni in occasione di un pellegrinaggio a Gerusalemme sparisce dal corteo. Maria e Giuseppe lo cercano per tre giorni.
Il ragazzo Gesù vuole un tocco di indipendenza, vuol gestire la sua giornata, in un momento solenne perché tutti se ne accorgano, non solo i genitori, ma tanti che partecipano alla festa.
Dopo tre giorni lo trovano seduto in mezzo ai dottori del tempio mentre li interroga e li ascolta. Così registra Luca 2,4.
Ma il prodigioso sta nel commento che Luca ci tramanda: «tutti quelli che l’udirono erano pieni di stupore per l’intelligenza delle risposte».
Ma il «pieno di stupore» di Luca non registra la forza semantica dell’originale greco dei Vangeli.
«L’Existanto» greco difatti ha il significato di «far perdere il senno, di andare fuori di sé per la meraviglia» nel guardare, nel sentire quel ragazzo.
Finito quell’episodio Gesù torna a casa, i Vangeli non registrano qual è il suo comportamento. Luca tramanda: «Stava loro sottomesso (a Maria e Giuseppe)». La mamma “serbava tutte queste cose nel suo cuore”. E cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini».
Quel «davanti a Dio e agli uomini» è significativo. Non si cresce per se stessi si cresce di fronte ai doveri che implicano la vita dell’insieme.
Non c’è bisogno di tanta fantasia per capire quale è stata la sua preparazione alla vita: la bottega di un fabbro e falegname, giornata dura tra i ferri del mestiere, sacrificio, rinuncia, obbedienza, puntualità, precisione, sinagoga, preghiera, meditazione…
Arrivano i fatali trent’anni quando va via da casa, si incontra con gli altri in modo spacifico osservandoli, studiandoli, interpretando quali possono essere gli interrogativi della vita di ciascuno per istruire si, ma specialmente per salvare dalla miseria, dalla malattia, dall’ignoranza. Ma prima il corpo e poi l’anima. E tutto questo senza posa, se vuole riposare un poco oppure «stare con il Padre» che durante la sua vita «tace» (parlerà in seguito), per pochi minuti, ecco i primi discepoli che lo accompagnano, lo scuotono: «ti cercano».
Essere cercati ecco la gratificazione; «ecco la regolarità» essere cercati in vita e poi in morte.
Il suo compito è salvare ciò che non era stato mai salvato ma giudicato aspramente.
Stupenda la lezione per coloro che stavano per lapidare l’adultera: «Chi è senza peccato scagli la prima pietra». Schiaffo di ironia! Oppure quando incontra la Samaritana, tipo della straniera nemica, per di più una donna che aveva avuto cinque mariti e quello che stava con lei non era suo marito. Con lei Gesù ha un colloquio di salvezza che stupisce la povera donna: «Come mai tu che sei Giudeo chiedi da bere a me che sono una donna samaritana».
Questa è la regalità che Gesù insegna.
Sta con i piccoli, i malati, i peccatori, i disperati, ma sta anche con i grandi e li domina, li discute, li umilia insistendo che l’umiltà del grande e del sapiente è la vera regalità.
E si giunge al culmine della regalità: la Croce.
Gesù regna dalla Croce. Nella Sua morte Gesù si presenta Messia e assume il potere che era nascosto mentre viveva.
Al centro del processo con Pilato si compie l’incoronazione di spine. È il modo con cui Giovanni dimostra che Gesù ha raggiunto la dignità regale. Si compie effettivamente quello che era stata una derisione. Pilato scorcertato non sa cosa dire ma ha il coraggio di proporre Gesù come re dei Giudei.
Il Sinedrio e la folla attorno urla: «non abbiamo altro re che Cesare». Non si accorgono che hanno bestemmiato. Avrebbero dovuto dire: «Non abbiamo altro re all’infuori di Dio», dato che i Romani erano degli usurpatori.
Pilato continua nel suo dubbio e si rivolge a Gesù: «Ma tu sei re?»
Gesù risponde: «Si, io sono re, per questo sono venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità. Io sono la verità.»
Giovanni dirà nel suo vangelo: «Gesù è il logos, la parola esatta, vera.»
Pilato cede alla paura e non gli resta altro che consegnare Gesù alla condanna della Croce.
Ma la verità non sarà uccisa. O meglio gli ebrei la uccideranno.
Anche nella storia la verità sarà uccisa.
Ma risorge sempre nel Cristo.
 
Cordialmente
Mons. Giovanni Battista Chiaradia