La figura di Teofilo negli scritti di Luca - di Mons. Giovanni Battista Chiaradia

La Pentecoste come dono di Dio all'uomo

24/05/2008
Luca, tra i quattro evangelisti, è il più sorpreso ed illuminato da quanto raccoglie nelle sue indagini sulla vita di Cristo, che non ha conosciuto di persona.
Dedica i suoi due capolavori, il Vangelo e gli Atti degli Apostoli, ad un certo Teofilo, un nome usato a quei tempi con una bella etimologia: Theos=Dio, Fileo=amare: quindi «Teofilo»=amato da Dio.
 
In tanti si sono avvicendati per scoprire chi era questo fortunato personaggio al quale Luca, scrittore, poeta, pittore, così sembra dalle sue opere, ha dedicato la vita di Cristo.
Penso, e con me tanti, che «Teofili» siamo tutti noi che siamo stati amati dalla provvidenza del Creatore in modo straordinario: infatti abbiamo ricevuto l’incomparabile dono del Cristo nato tra noi, vissuto tra noi, e morto per noi.
 
È la creatura umana, l’uomo, la donna, che sono i «Teofili», gli amati da Dio, perché centro dell’universo. Tutto ruota attorno a loro: «donna e uomo», capaci di riempire la terra, i cieli, i mari, di altri esseri come loro, capaci di volontà e intelligenza per trasformare continuamente, nei secoli e nei millenni, la creazione.
«Teofili» sono «Lui e Lei», gli amati da Dio. Un amore che non si spegne mai, anche quando la coppia umana si dimentica del Creatore e l’offende.
«Teofili» amati da Dio, perché ogni passo di lui e di lei è un prodigio, ogni pensiero, ogni voce, dall’ululato primitivo alla Commedia di Dante, dall’urlo roco dell’ancestrale alla sinfonia dell’Aida, dalla prima membrana di pelle di pecora, usata per scrivere, al sofware, ogni tragitto umano porta in alto.
E non puoi pensare che tutto venga dalle dita che premono dei tasti, ma da un qualche cosa di infinitamente inconcepibile, l’«Uber» direbbe Papa Ratzinger.
 
L’ultimo dono all’umanità è la Pentecoste, così noi possiamo «camminare nello Spirito» e dono dello Spirito è la vita in una civiltà di «amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» dice Paolo (Gal. 5,22).
Ognuno di noi avvolto in questi doni è protetto in una atmosfera di sicurezza.
Diventa il «Teofilo», l’amato da Dio.
Di questo pentecoste dono anche quest’anno siamo partecipi: infatti, nel tempo nostro, in tutte le parti del mondo dove in modo particolare si presenta la memoria del Cristo risorto, si avverte la presenza ancora viva dei primi discepoli che, avvalorati dalle forze del Cristo risorto, hanno trasmesso quello che hanno imparato dal maestro.
 
Bisogna essere attenti a questa parola «spirito», importante per la civiltà.
Non deve esistere in noi soltanto la «cosa» pesante ed effimera, pur necessaria per il nostro quotidiano.
Bisogna alzarsi allo «Spirito» inteso come pensiero nella sua inventiva che non ha confine: così si è espressa la filosofia dei grandi pensatori laici da Platone ad Hegel, che parlano di «spirito assoluto», l’unico che porta al mondo l’arte, la religione, la morale che culmina nelle tre principali istituzioni storiche: la famiglia, la società civile, lo Stato.
Non è solo il Vangelo che considera lo Spirito assoluto come persona trinitaria, ma anche il pensiero laico già con il termine «assoluto» che equivale a Dio.
 
Il tempo della Pentecoste va vissuto intensamente per non farci dominare dal pesante della giornata: pesante e talora il brutto e il cattivo dell’ora.
 
Mons. Giovanni Battista Chiaradia