Se non fosse Venerdì... - di Don Adelio Cola

Piccola guida all'astinenza dalle carni

19/07/2008
"Se non fosse Venerdì… oggi starei con voi!”
 Ma che discorso fai?, le chiedo. Perché non partecipi con noi? È festa per tutti! Siamo in gita!
 Non vuole rispondere, ma la cosa ha una vecchia storia. Me l’aveva raccontata anni fa. Da allora non si è più liberata da una lezione di catechismo impartita male e ‘digerita’ peggio: «Chi mangia carne di venerdì, fa peccato mortale!».  
Andiamo adagio col ‘peccato mortale’…
No!” m’interrompe di brutto. E non c’è verso di farla ragionare. Per lei, tentare di spiegare e soprattutto di distinguere, … è già peccato!
Esagerazione, si dirà. Certamente, non c’è dubbio. Ma attenzione! Sotto l’esagerazione evidente si nasconde un errore molto diffuso: quello di pretendere di salvarsi con le proprie opere buone.
Non è un errore teologico nato ieri. Si trascina nella storia da due millenni nel cristianesimo, ma ha avuto i più ostinati seguaci molto tempo prima di Cristo.
La salvezza, e qui s’intende quella vera, eterna, non dipende da altri ma ognuno personalmente da se stesso.
Ma dobbiamo intenderci bene. Anche se qualcuno non vuole, qui bisogna distinguere.
Alla resa dei conti della mia vita, Dio mi giudicherà secondo le mie opere, siamo d’accordo. Ma le opere buone che io ho fatto in vita non sono state sufficienti per guadagnarmi il Paradiso. Esso è certamente la ricompensa a me, se mi sono comportato come «servo buono e fedele in modo da meritarmi di entrare nella gloria/gioia del mio Signore». Ma ciò che mi ha consentito di operare bene in vita con libertà e responsabilità non è stata soltanto la mia buona volontà, ma… e qui è il nocciolo della questione… È stata la grazia di Dio, a me applicata perché meritata dall’Incarnazione-Vita-Morte-Rusurrezione-Ascensione di Gesù Cristo Verbo Incarnato per obbedienza amorosa al Padre e per la mia salvezza eterna. Il Creatore che mi ha creato senza la mia cooperazione, mi salverà con la mia cooperazione.
La questione dell’astinenza dalla carne nel giorno di venerdì non è da prendere alla leggera e tanto meno da disprezzare e deridere nei riguardi di chi la pratica, ma da non considerare come se da essa, e da tutte le altre pratiche buone, dipendesse il mio successo eterno, quasi fosse lo stipendio guadagnato con il quale pretendere di pagarmi l’entrata in Paradiso.
La fede senza le opere è insufficiente a salvarmi, ma le opere senza la Fede non possono salvarmi.
Don Adelio Cola