Uno per Uno per Uno: e fa sempre Uno! - di Don Gigi Di Libero sdb

Uno sguardo nuovo sulla Trinità

07/06/2008
L’indimenticabile don Tonino Bello, un Vescovo carismatico e tutto di Dio che ci ha toccato il cuore con la sua capacità profetica sempre vibrante di tenerezza, in una circolare ai suoi fedeli che voleva farli entrare con intelligenza nel dolcissimo e incommensurabile mistero della Trinità, un Dio Uno e Trino, ci racconta che, viste le durezza delle sue argomentazione teologiche, un suo amico prete, che lavora tra gli zingari, gli suggerì la seguente indimenticabile espressione:
Io ai miei zingari sai come spiego il mistero di un solo Dio in tre Persone?
Non parlo di uno più uno più uno: perché così fanno tre. Parlo di uno per uno per uno: e così fa sempre uno.
In Dio, cioè, non c’è una Persona che si aggiunge all’altra e poi all’altra ancora.
In Dio ogni Persona vive per l’altra.
E sai come concludo?
Dicendo che questo è uno specie di marchio di famiglia.
Una forma di ‘carattere ereditario’ così dominante in ‘casa Trinità’ che, anche quando è sceso sulla terra, il Figlio si è manifestato come l’uomo per gli altri”.
Don Tonino commenta: questa spiegazione mi è parsa tutt’altro che banale!
 
Se una famiglia è “uno più uno più uno” praticamente si riduce al così detto modello “albergo”, dove ognuno fa per sé e non deve impicciarsi degli affari degli altri: in sintesi, ognuno per se e chiuso nella sua suite, capiti quello che capiti.
Ma se una famiglia fosse “uno per uno per uno” si creerebbe una famiglia in cui la relazione tra le persone diventa una dolcissima necessità, irrinunciabile: una famiglia solidale e aperta che si fa carico di ogni componente.
Come si dice con slogans assai conosciuti: “tutti o nessuno” e “uno per tutti e tutti per uno”!
Monsignor don Tonino Bello aggiungerebbe: “E questo qualcosa è che anche ognuno di noi, in quanto persona, stringi stringi, deve essere essenzialmente una relazione.
Un io che si rapporta con un tu.
Un incontro con l’altro.
Al punto che, se dovesse venir meno questa apertura verso l’altro, non ci sarebbe neppure la persona.
Un volto, cioè, che non sia rivolto verso qualcuno non è disegnabile…
 
Questa stimolante visione della famiglia, che corrisponde al progetto del Creatore, evidenzia nel mio cuore un pensiero, peraltro ricorrente nei momenti di riflessione più intimi.
Leggendo le affascinanti pagine dei vangeli circa il gruppo dei dodici discepoli - scelti e chiamati da Gesù stesso e che, in un certo senso, si possono considerare la “famiglia” del maestro - ci si rende conto che per far balzare a tutto tondo la figura di un Giuda ci vogliono altri undici apostoli.
E questi apostoli, nonostante protestino di voler amare e seguire con fedeltà il Maestro, non sono esenti da dubbi, momenti di debolezze per nulla gradevoli, reazioni confuse e a volte aspre, persino tentazioni non del tutto superate di tradimenti e di infedeltà che lasciano l’amaro in bocca.
Mi viene spontanea la domanda: ma Gesù non chiederà a tutti i suoi apostoli che cosa hanno fatto per quel Giuda che è vissuto in mezzo a loro… con la tentazione di essere dentro ciascuno di loro?
E non lo chiederà anche a noi dei “giuda” che oggi come sempre vivono accanto a noi e spesso, dobbiamo dolorosamente ammetterlo, dentro di noi?
 
In questi giorni la cronaca ci pone di fronte a cinque giovanissimi amici (Gesù ha chiamato così colui che lo tradiva, anzi nell’atto in cui lo tradiva!) rei confessi di aver ucciso un altro giovane per una indicibile e assurda banalità: non ci sono più lacrime da versare… Non ci sono più forze per scandalizzarsi e urlare all’orrore e ai tempi corrotti in cui siamo condannati a vivere..
La solennità della Santissima Trinità, comunione di persone che si fa una sola persona e un solo Dio-amore infinito e travolgente, ci costringe a prendere posizione con tutta la nostra vita e con ben altra reazione.
Un mio stimato professore di filosofia per farci capire l’affermazione di sant’Agostino che il male è solo “assenza, deficit di essere e quindi di bene”, ci suggeriva l’immagine dei buchi del formaggio gruviera, che “sono” appunto mancanza di formaggio…
Assenza…
Bisogna che, spinti da una grazia nuova e pasquale, ci rimbocchiamo le maniche e soprattutto obblighiamo i nostri cuori a non più barare, per chiederci, con la nostra vita e non solo con le parole: ma il “male” di questi cinque amici, irriconoscibili come uomini, di che cosa è assenza?
Assenza di accettazione e di sacrificato donarsi loro in ogni momento dell’esistenza…
Assenza di amore e di carezze che educhino alla tenerezza dell’accogliersi e del riconoscersi pur nelle differenze e diversità
Assenza di dialogo e di capacità di confidarsi ciò su cui dobbiamo insieme imparare a valutare a scegliere e a decidere…
Assenza di vicendevole capacità di perdonarsi e correggersi per camminare insieme verso il bene
Assenza di disciplina che ci educa a lavorare insieme per raggiungere qualcosa che valga la spesa di essere creato
Assenza di simpatia e di empatia nel vivere insieme tutti i momenti e le esperienza della vita
Assenza di consiglio, di amorevole richiamo, di stimolante rilancio nella vita dopo momenti difficili…
Assenze di testimonianze di bontà e di condivisione altruistica, a fronte di giornalieri spettacoli di violenza e di sopruso con cui tanta Tv ci intrattiene quotidianamente…
Assenza di esperienze del coraggio di donare oltre il razionale e il diritto egoistico del proprio tornaconto…
Assenza di amore…
Assenza di famigliarità…
Assenza di fiducia incondizionata e temprata dalla capacità di soffrire…
Assenza di valori e doveri accettati condivisi, difesi e rilanciati…
Assenza di comunione delle persone e delle esistenze….
 
Ogni papà e mamma se lo dovrebbe chiedere guardando con delicatezza e amore la propria famiglia…
Ogni insegnante, ogni professore se lo chieda di fronte ai propri allievi e allieve , facendoli passare, e fissandoli con occhi rinnovati, nelle liste dei registri di classe…
Ogni educatore, ogni sacerdote, ogni adulto che abbia qualche responsabilità, si interroghi quando pensa alle centinaia di giovani che avvicina e incrocia nella propria vita e nei propri ambienti di vita quotidiana….
Don Bosco, spinto da don Cafasso, suo santo direttore spirituale, iniziò il tirocinio pastorale di prete novello, frequentando le carceri di Torino stracariche di poveri giovani abbandonati e traditi dalla vita e dal male.
Scosso nel profondo del suo cuore ci ha lasciato queste note: “Fu in quelle occasioni che mi accorsi come parecchi erano ricondotti in quel sito perché abbandonati a se stessi. Chi sa, diceva tra me, se questi giovanetti avessero fuori un amico, che si prendesse cura di loro, li assistesse e li istruisse nella religione nei giorni festivi, chi sa che non possano tenersi lontani dalla rovina o almeno diminuire il numero di coloro, che ritornano in carcere?” (Don Bosco, MEMORIE DELL’ORATORIO, 11)
E nacque il grande santo educatore che tutti oggi ammiriamo e preghiamo come padre, maestro e amico dei giovani!
Sono convinto che reagendo così a questi fatti di cronaca, che scarnificano il nostro sentirci credenti e cittadini in questo difficile momento dell’umanità, i nostri cuori potranno penetrare con gioia e meraviglia nel mistero della santissima Trinità! Anche se il nostro intelletto fatica e arranca… perché il Mistero è davvero infinito e sconvolgente per le nostre limitate logiche umane!
Don Gigi Di Libero sdb