La Madonna del Rosario - di Don Adelio Cola


07/10/2008
KAIRE: la parola greca riferita dall'evangelista è tradotta non proprio bene con «AVE».
In ogni modo è una specie di saluto di presentazione.
In realtà significa biblicamente: «RALLEGRATI, GIOISCI».
Chi è che saluta così?
L'Arcangelo Gabriele, uno degli Angeli maggiormente “vicini” a Dio, si presenta così ad una ragazza vergine di Nazaret. Il saluto non è originale del messaggero: Egli l'ha desunto dal Vecchio Testamento, in cui Sion-Gerusalemme era stata esortata e confortata con quella parola densa di profezia.
Ed in questo caso qual è la profezia indirettamente preannunciata con il semplice saluto?
Niente meno che l'avveramento della “buona notizia” profetizzata e risuonata in tutto il Vecchio Testamento: «Il tempo della salvezza con l'arrivo-avvento del Messia Redentore è finito ed Egli sta per giungere tra noi!».  
Il Signore pone una condizione: ha scelto di incarnarsi e quindi “ha bisogno” d'una donna come madre. Sceglie l'umilissima alla quale Gabriele si rivolge con quel saluto biblico.
“Ha bisogno”, (dal momento che vuole essere simile a qualunque altro uomo), anche d'un padre che lo dimostri discendente di Davide, come vuole la profezia.
Quaggiù, chi nasce ha avuto un padre ed una madre, altrimenti non sarebbe venuto al mondo. Il Figlio di Dio, che vuole farsi Uomo rimanendo Dio, è onnipotente e quindi nessuna meraviglia se decide di non aver bisogno d'un padre, sposato secondo la Legge, per arrivare a noi come vero Uomo rimanendo vero Dio, uguale al Padre Suo.
Miracolo dei miracoli! La donna, alla quale Gabriele s'indirizza come messaggero divino, diventerà vera Madre senza la umanamente necessaria cooperazione del suo legittimo sposo Giuseppe. Quest'ultimo è discendente di Davide e parteciperà tale prerogativa al Figlio della sua legittima sposa.
Insomma, i miracoli si aggiungono ai miracoli.
Ma non è chiusa la loro serie straordinaria.
L'Arcangelo chiama per nome, subito dopo il saluto come l'inferiore al suo superiore, la giovane donna alla quale Dio l'ha inviato. Non la chiama “Maria”, perché il suo nome davanti all'Eterno è un altro: «Kaipe, kekapitomene, Piena di grazia». “Riempit”,  cioè, della “grazia di Dio”.
Riempita” da quanto tempo?
Ecco il nuovo miracolo: fino dal suo concepimento nel ventre della madre, dopo la cooperazione con lei del suo legittimo sposo.
Ma…chi nasce non nasce con il segno e l'effetto della colpa della coppia Adamo-Eva dopo la loro colpa all'origine dell'umanità?
Senza dubbio. È una verità rivelata da Dio e dalla Chiesa proposta da credere ai suoi fedeli.
E allora perché LEI, la giovane donna scelta da Dio per diventare madre del Figlio Suo che vuole farsi Uomo, dovrebbe essere stata esente da quel particolare peccato che chiamiamo “originale”? Perché Dio è Onnipotente e può fare ciò che vuole, per esempio esentare la Sua futura madre terrena dal peccato originale, che colpisce tutti i nati di donna senza eccezione.
Tutti meno Lei, perché doveva diventare Sua madre terrena, madre di Dio.
Ma…io non capisco, io non riesco a capire come sia possibile, anzitutto essere “piena di grazia” nel senso ricordato, e poi rimanere “vergine” diventando madre!
Anche se non capisco, SE tale realtà è stata da Dio rivelata e dalla Chiesa, da Lui autorizzata a riconoscere la Sua divina Volontà, proposta da credere ai fedeli, non mi resta che rinunciare a “spiegarmi” queste realtà miracolose, impossibili da spiegare con ragionamenti umani. Qui è la fede che vince, come del resto in tante altre occasioni (cfr. la professione di Fede contenuta nel “Credo”). A credere, non ho nulla da perdere, perché la fede ha fondamenta teologiche ma anche ragionevolezza umana che me la fa accettare con perfetta adesione personale. Il vantaggio è tutto mio, quaggiù e poi Lassù dopo la mia partenza definitiva dal mondo.
Dopo che Gabriele propone e chiarisce alla “Vergine” che tutto si verificherà “con l'intervento dello Spirito Santo”, Egli rimane in attesa della risposta dell'interessata, che non si fa attendere: «Si faccia di me, serva del Signore, ciò che Egli vuole e che tu mi hai comunicato».
L'Arcangelo torna là donde era partito «ed il VERBO si fece Carne e venne ad abitare tra noi». 
Con una semplice espressione è rivelato il mistero dei misteri, dal quale deriverà la nostra SALVEZZA.
Il ringraziamento dell'umanità riscattata dal peccato va anzitutto a Dio, che ha preso l'iniziativa di salvarla dal destino infernale al quale sarebbe stata in pericolo di piombare per l'eternità.
Va, in seconda istanza, alla “VERGINE MADRE”, che ha dato alla luce il Figlio di Dio, per cui ben a ragione possiamo invocarla come “MADRE DI DIO”.
 
«O Kìrios metà sou», Le aveva confidato l'Arcangelo. «Il Signore è con te».
Ora comprendiamo il senso di quello che sembrava un complimento. Il Signore è con tutti e non soltanto con Lei; ma il modo e la misura con cui Egli è con Lei fin dal suo concepimento sono ben diversi.
Nessuna meraviglia, quindi che la parente Elisabetta, alla quale farà visita per assisterla nei mesi d'attesa di dare alla luce il figlio Giovanni, la saluti come “la benedetta fra tutte le donne” e che Lei umilmente riconosca che tutto è stato opera di Dio, in conseguenza della quale tutte le generazioni chiameranno Lei beata perché “serva del Signore riempita della Sua grazia” senza suoi meriti e per pura Sua immensa “misericordia”.
 
«Santa Maria», la invochiamo noi, figli suoi dopo che il Figlio l'ha dichiarata “nostra madre” dall'alto della Croce rivolgendosi a Giovanni che ci rappresentava tutti.
«Prega per noi peccatori, tuoi figli».
Le confidiamo anche le circostanze nelle quali riconosciamo di avere maggiormente bisogno del Suo aiuto materno: «Adesso e nell'ora della nostra morte».
Adesso” e cioè “sempre”, quando siamo contenti e quando versiamo lacrime, che gli altri non vedono ma che Tu, Mamma, vedi e sai asciugare.
Se poi Ti abbiamo chiamato in aiuto centinaia di volte ogni giorno della nostra vita quaggiù e milioni di volte in ogni occasione bella e triste, noi ci riteniamo sicuri che Tu non resterai sorda alla nostra ultima invocazione a Te, Mamma, quando sarà il momento di abbandonare questa “valle di lacrime e di speranza” per venire in Paradiso con Te a “magnificare insieme a Te in eterno il Signore”. Amen.
(Don Adelio Cola)