Il Vangelo e la vita vera - di P. Giuseppe Pirola sj

Di fronte a tanto pessimismo, una buona notizia

14/02/2009
I commenti di quanti seguono questo sito, oltre che proposte di domande relative ai casi della loro vita quotidiana, hanno dato prova di essere fonte di intuizioni acute e suggerimenti validissimi. Uno del nostro pubblico ci scrisse recentemente: la predica è bella, ma vorreste fare qualche applicazione alla nostra vita, quella che viviamo quotidianamente? se no a che serve? che cosa ci dice? I giovani lo dicono più brutalmente: quel che interessa al predicatore, spiegare il vangelo, interessa a lui, ma non interessa a me, perché a me interessa la mia vita, il vivere, magari difficoltoso, ma con qualche gratificazione almeno.
La domanda iniziale di uno dei lettori come quello che dicono i giovani hanno ragione su tre punti: un messaggio che non interessa perché non tocca la vita è un caso per il predicatore di fallimento della comunicazione discorsiva. È un discorso, che non toccando la vita parla al disopra della vita e della testa di tutti e non la può influenzare minimamente; come dicono oggi ironicamente ma non a torto, un discorso per chi ci crede già. È infine il contrario dei discorsi di Gesù, un discorso che concludeva invitando i suoi ascoltatori a prendere una decisione e a fare, a dire quale sia il senso del vangelo, e cioè il senso vocazionale, ciò che il Signore parlando ci invita liberamente a fare.
Accettiamo la domanda e proviamo a presentare una pagina di vangelo usando il filtro che la domanda propone, e cioè l’annuncio con cui Gesù Cristo dà inizio alla sua attività in Galilea.
L’evangelista Marco lo riferisce così: «Gesù andò nella Galilea proclamando il vangelo di Dio, e diceva: Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete nel vangelo» (1, 14-20).
Gesù è presentato come un banditore che per le strade della Galilea, trasmette una notizia la cui fonte è Dio stesso. Qual è la notizia che trasmette? Il vangelo, come diciamo oggi abitualmente, che vuol dire una buona notizia. E la notizia, data ai Galilei, ebrei che appartenevano al popolo eletto da Dio e alla religione di Abramo e dei suoi discendenti, è: il tempo delle promesse divine del Regno universale di Dio per tutti gli uomini, fatte al re Davide, è compiuto, perché il regno è arrivato, e cioè sta per iniziare. La notizia dunque di un avvenimento allo stadio iniziale. 
La buona notizia del regno di Dio che ha inizio con l’annuncio di Gesù ha un rapporto preciso con la vita di quei galilei. Il primo legame con la vita quotidiana è dato dal fatto che Gesù parla in strada, coglie i galilei in un momento della loro vita quotidiana la vita in strada, ove chi cammina è in giro per ragioni di lavoro, per necessità, o anche è a zonzo. Tutti hanno in testa i loro pensieri, preoccupazioni o occupazioni. La strada è un luogo di incontri e scontri di qualunque tipo. Non è un luogo separato e appartato dalla vita, e dedicato esclusivamente alla lettura e ascolto della Bibbia e alla preghiera comune, come la sinagoga o la chiesa; siamo nel trambusto quotidiano di ogni giorno, ove ciascuno e tutti ci muoviamo.
Gesù non si rivolge a un pubblico convocato e radunato apposta per attività religiose. Con quell’annuncio in strada, con la buona notizia che da, vuole interessare e conquistarsi un pubblico prendendolo in quel momento e luogo della sua vita quotidiana che è la strada. È la buona notizia che dovrebbe attirare l’attenzione, interessare e accattivarsi il pubblico, costringerlo a fermarsi per ascoltare meglio, a radunarsi in gruppetti o in un gruppo più grande. Fermatevi, perché sta per iniziare quel regno vostro che Dio ha promesso a voi e ai vostri padri, a Davide, e che voi avete atteso e sperato che finalmente venisse a mettere a una storia di migrazione finita in schiavitù in Egitto, di esiglio a Babilonia, di liberazione e ritorno insperato nella vostra terra, finita in mano ai Romani. La vostra vita quotidiana e la vostra dolorosa storia di popolo di Israele sta per finire. Ciò che vi attende è il regno di Dio, che muterà radicalmente la vostra vita e la vostra storia, come quella dell’umanità. L’annuncio del regno riguarda la vita quotidiana; perché inizia la sua fine.
Gesù non si dilunga a dire che cosa è il regno di Dio. Tanto meno s’invischia in piccole prescrizioni su questo o quello, il fai così, fai cosà. Dice solo il primo passo da fare e subito: convertitevi e credete alla buona notizia. Prestate attenzione al messaggio, e ripensate tutta la vostra vita quotidiana, che cambierà, vedetela sotto un’altra luce e da un’altra prospettiva. E credete, cioè decidetevi liberamente a credere, a fidarvi del messaggio e di Dio da cui proviene il messaggio che Gesù trasmette.
Che ha a che fare con la vita dei galilei o con la nostra questo invito di Gesù? Lasciamo stare i galilei. Ma noi? Basta leggere i giornali per trovare di che scoraggiarsi, di che preoccuparsi, e lasciarsi invadere da pessimismi depressivi, da una cinica sapienza espressa nei dotti detti che tanto il mondo non cambierà mai, non lo cambierà nessuno, che non c’è niente da fare almeno per noi poveri cani.. Chi ascolta questo messaggio finisce proprio a vivere non come vuole o desidera o progetta e programma per sé e per tutti. A vivere nel mondo che rifiuta non solo a parole ma anche in cuor suo. E cercherà di ritagliarsi un angolino in cui salvarsi da questo orrido mondo, e vivere in buco e con le sue piccole soddisfazioni. Non che le difficoltà a vivere oggi non ci siano. Ma come vanno vissute? Gesù proclamava il contrario, a vedere lucidamente in quel che capita i segni di un mondo destinato a finire, anche se continua ad esserci pur essendo divenuto un cadavere; incoraggiando anziché scoraggiare, invitando ciascuno e tutti a riunirsi, a credere ascoltando l’annuncio di Gesù, che insieme si può cambiare quel mondo in cui viviamo, aprendo l’orizzonte della speranza che rende attivi anziché rinunciatari.
Allora: visto che il mondo in cui siamo non ci va, ci decidiamo a credere o a dare retta al messaggio, all’istanza del che fare e come farlo? Il regno di Dio è proprio questo: non l’altro mondo, futuro, che viene dopo la fine del mondo, ma un mondo altro, cambiato, contrario a questo che non ci va proprio. Questo è il regno di cui parla Gesù. Per realizzarlo ci si è messo Gesù Cristo e il Padre. Ma hanno dato solo l’avvio. Senza la nostra libera adesione non succederà niente, o meglio continuerà a succedere quel che non vogliamo, di cui brontoliamo e rifiutiamo.
        
P. Giuseppe Pirola sj