La vacanza, riposo e aggiornamento del pensiero - di Mons. G.B. Chiaradia


20/08/2009
Chi si può permettere qualche giorno di vacanza ha il dovere di spendere un po’ del suo tempo per aggiornare il proprio sapere.
Quando passi per strada ed osservi una scritta che ricorda un fatto straordinario, oppure una statua che ti fa rivivere una poesia che hai studiato a scuola, ti ritornano in mente una serie di avvenimenti, di incontri, di parole, di persone del tempo della scuola o dei primi impegni che danno il via a pensieri nascosti: e la mente si illumina.
Basta un «flash» di una scritta sul muro che la memoria del fantastico si mescola col reale e la mente, addormentata, si risveglia.
Naturalmente non tutti siamo così attenti a quello che ci si presenta per la strada che percorri nei luoghi di vacanza.
La persona, abituata non tanto a vedere quanto a guardare con interesse, dimostra una finezza di comportamento per cui qulunque cosa che vede, specialmente in luoghi distanti dal proprio sito quotidiano, in Africa o in Giappone, ad esempio, gli diventa un incentivo per donare alla mente un tocco di novità da approfondire.
Se per te tutto ciò è facile, perché sei una persona abituata a guardare per imparare qualche cosa di nuovo, la vacanza ti diventa una scuola di novità da raccontare a casa.
«Ti ricordi quella statua, quella scritta, quel tale che cantava per strada vestito in quella maniera?»
Ciascuno di noi ha un ruolo nel quotidiano: quello di essere scolaro ed insegnante. Quando questi due momenti stanno insieme, la personalità acquista una dimensione di verità.
La consuetudine di non esaurire un argomento se non dopo essere tornato al tempo antico per capire il nostro sapere, mi rincorre anche in questo momento.
Quello che ho cercato di spiegare, si può sintetizzare con una sola parola: verità.
Specialmente in una vacanza fuori dalla consuetudine del nostro ambiente è bene fare attenzione ad altre «verità» per inserirle nella mente.
Che cosa è la verità? Statisticamente è un vocabolo che, più di tutti, inonda la letteratura da Omero, Eucidite, Eraclito, Aristotele, Parmenide ed altri.
Significa penetrare, attraverso il velo della apparenza, nella vera natura delle cose.
Il problema fondamentale della verità è il vero rapporto tra il nostro essere e il conoscere le cose che ci sono attorno.
Non puoi essere veramente persona se non conosci chi sei e dove sei.
Più conosci e più sei. Che cosa? Persona come tale. Se non conosci, non sei persona: sei un nulla.
Ecco l’urgenza del sapere, anche quando sei in vacanza tra gente e linguaggi diversi dai tuoi. Conoscere significa appropriarsi della verità che ci circonda. Più conosci e più sei nella verità, che è l’essenza fondamentale della persona.
Se non sei «verità», sei il contrario, sei la menzogna, l’ipocrisia, la falsità, la bugia, l’ignoranza. Aristotele (metafisica 993 b. 30s.) considera la verità l’essenza fondamentale della persona.
Platone va in alto: assieme alle cose visibili assegna la verità alle cose «invisibili» che si rivelano solo alla percezione razionale dell’anima. Vedo in questo concetto la parola di Gesù quando parla con Pilato: «Sono nato per testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
(Giov. 18,37)                                          
 
Giovanni Battista Chiaradia