Memoria e oblio - di Mons. G.B. Chiaradia


22/08/2009
Trovare qualche ora disponibile per aggiornare il proprio sapere durante il periodo delle vacanze, mi è stato suggerito da quanto nei media, da tempo, sto sentendo sulla crisi che ci pervade: non è solo quella politica ed economica, ma anche quella della nostra cultura.
Nel piccolo campo della mia città, in cui svolgo il mio impegno, oggi mi trovo, abbastanza spesso, ad essere fermato per strada: «Senta, ma quell’Omero, che Lei cita tante volte, chi è?».
Capisco che possa essere abbastanza facile trovare la persona che non lo conosce, se non sa qualche cosa sulla Grecia.
Un’altra domanda mi viene rivolta per via. Mi dica: «Chi è quell’Ezechiele che Lei mette insieme col Nabucco di Verdi?».
Certamente questa è una domanda comprensibile: forse è anche colpa mia se non sanno chi è Ezechiele perché non ho trattato come conviene la storia dei profeti e le loro vicende. E l’inventiva di Verdi (che immortala quel periodo di 500 anni prima di Cristo in cui il popolo ebraico ha sofferto una spaventosa deportazione in Babilonia) è naturale che la ignorino!
Non si tratta di un caso unico. Vi assicuro che nel corso di una conversazione abbastanza seria ho domandato da uno dotato di una parlantina piacevole e densa di tante notizie: «Chi scrisse l’Orlando Furioso?» Mi ha risposto: «Hitler» e non era uno scherzo, ne era convinto.
Scherzando con dei liceali che ho conosciuto da bambini al catechismo, può succedere che chieda: «Dove si trova il detto: tanto tuonò che piovve?». Nessuno me l’ha saputo dire. E dove li troviamo gli olivi «che fanno di santità pallidi i clivi e sorridenti i colli?». Silenzio.
In un quotidiano dalle pagine rosa trovo proprio in questi giorni una divertente statistica dell’ignoranza nell’ambito europeo. Il ministro della cultura francese ha proposto una ricerca sullo stato della cultura storica in Europa. Ebbene, alla richiesta di citare almeno due uomini di Stato che avessero avuto un ruolo nella storia della Germania prima del 1900, il 70 per cento degli Italiani e dei Francesi non hanno saputo dire un nome: né Bismarck, né Barbarossa.
Il 7 per cento ha citato Hitler che nel 1900 aveva solo undici anni.
Garibaldi è noto soltanto al 3 per cento dei Tedeschi e al 4 per cnto per i Francesi.
Napoleone è più fortunato: è conosciuto da un terzo degli Italiani non sa chi sia Giovanna d’Arco.
È impensabile che tra Italiani, Francesi e Tedeschi solo il 10 per cento sa che l’autore della divina Commedia è Dante!
Sappiamo che il partito comunista è stato un partito forte nell’Europa occidentale, ma solo il 33 per cento degli Italiani e il 16 per cento dei Francesi sa che Marx ha scritto il Capitale.
Solo il 10 per cento dei Francesi sa che il Verdi ha scritto il Rigoletto. Pare che nessuno fuori d’Italia abbia letto Calvino o Elsa Morante, Sciascia e D’Annunzio. Che Eco abbia scritto il «nome della Rosa», un bestseller internazionale, lo sa il 38 per cento dei Tedeschi, ma solo il 10 per cento dei Francesi.
È una leggenda metropolitana (e forse non è proprio leggenda ma fatto vero che gira nei media): ad un tale vien chiesto chi era Giovanna d’Arco e lui risponde che doveva essere la moglie di Noé il quale è noto come eroe del diluvio universale, salvatosi su una zattera chiamata precisamente arca (come racconta il libro biblico della Genesi 6,9 ss). E poiché dentro l’arca tutti gli animali erano a coppie, Noé avrà pur avuto una moglie!
In conclusione: bisogna fare attenzione alla cultura e inquadrarla nel tempo. Perché resti in testa. La ripetizione è fondamentale. Quella che viene insegnata a scuola fino alle Università si può perdere nel tempo perché nella scelta di vita che ciscuno ha deciso di intraprendere, certe immagini, nomi, storie, se non sono rinnovate, spariscono.
Giovanni Battista Chiaradia