La libertà - di Mons. G.B. Chiaradia

Un tema di riflessione per la Quaresima

20/02/2010
Nelle tre letture della S. Messa di questa Domenica, la prima di Quaresima, troviamo il tema di riflessione per rutto il periodo quaresimale.
Nel libro del Deuteronomio noto che il concetto fondamentale del nostro quotidiano, nelle sue molteplici istanze, è la libertà.
L'equivoco più consueto è quello di intendere la libertà come possibilità di fare quello che si vuole.
A differenza del concetto di libertà del diritto naturale, quello biblico, tanto nell'Antico Testamento, come nel Nuovo, è sempre orientato verso Dio.
L'uomo che si chiude in se stesso e rifiuta di aprirsi a Dio, e quindi all'universale, vive in una schiavitù che lo costringe a ripiegarsi solo su se stesso, in un parossismo di individualismo che può diventare una patologia che lo annienta. Forse la persona di oggi rimarrà perplessa, ma è certo che il concetto di libertà politica ha, per il Nuovo Testamento, un ruolo di importanza molto secondaria. Il Cristo e i suoi seguaci non vivono di questa libertà, altrimenti non si sarebbe lasciato catturare così facilmente (Giov. 39,36).
Anche quando sottolinea il suo potere terreno (Mtt. 28,18), Gesù non mira a trarre conseguenze sul terreno della libertà politica.
Egli non è un Messia politico: la sua predicazione ha ben altro scopo: il ritorno al Padre. Questa è la vera libertà.
Quindi, per i cristiani, la libertà in senso politico non è un bene sommo: quando si sentono autorizzati alla guerra, o comunque alla violenza, e a determinate leggi sulla vita, non sono sostenuti dalla morale del Vangelo.
Quando cadono i freni necessari ad una autentica libertà, nella vita morale e sessuale, la libertà si snatura in licenza, in una varietà di passione e di servitù che snobilita la creatura umana e pone nella storia un virus che difficilmente può essere vinto e annientato. Gli esempi nel nostro tempo sono quotidiani.
Veniamo alla seconda lettura e l'orizzonte diventa sereno. «Vicino a te è la parola».
Il concetto è preso da Giovanni che definisce il Cristo «logos» = parola. Vicino, quindi, a ciascuno di noi la presenza di Cristo risorto per cui noi non saremo mai delusi. Il concetto di presenza costante di Gesù nel nostro quotidiano non è tanto evidenziata. Bisogna abituarci ad avvertire Gesù risorto nel nostro quotidiano.
Camminare con lui, averlo accanto in una conversazione con l'altro, sentirlo vicino in certe situazioni complicate e difficili.
Se un avvocato, un giudice, un insegnante, un chirurgo è abituato ad aver la presenza di Gesù anche senza parola, sentirà la sua forza di «logos»: Se cammini con Lui stai più attento al passo, al gesto, allo sguardo; doni all'altro, che ti incontra, il meglio di te, anche senza parola. «Chiunque crede in lui non sarà deluso» dice Paolo ai Romani.
Terzo momento della Quaresima: nel Vangelo leggiamo che Gesù si ritira nel deserto.
In piena corrispondenza con il monte e le acque, anche il deserto nell'Antico Testamento assume il duplice aspetto del «sacro» perché è il luogo dove Dio maggiormente si rivela. Nello stesso tempo il deserto è anche la dimora dei demoni che minacciano la persona con peccati impuri, la malattia, la morte. Per questo è luogo sacro dove Dio si manifesta. Un Angelo ristora Elia nel deserto in fuga a causa delle minacce di Gezabele. I «recabiti» provenienti da un movimento profetico del tempo di Elia abitavano in tende, invece di abitare in casa (Ger. 35,7). Gli Ebrei nella festa delle capanne abitano in «tende». Nello stesso tempo il deserto è il luogo di pericoli, della lontananza da Dio e delle potenze demoniache. Abbiamo bisogno anche noi di deserto per essere soli a scrutare nell'intimo della coscienza chi siamo, se siamo degni del ruolo che il Signore ci ha dato nel nostro quotidiano, nella preghiera perché il Signore ci protegga e ci doni la sua pace.
A disposizione.
Mons. Giovanni Battista Chiaradia