La Comunione dei Santi

Si cerca di spiegare il concetto e la pratica della Comunione dei Santi.

18/07/2002
Il 19enne C, non meglio identificato, mi chiede: «Cos’è la «Comunione dei Santi?»
La domanda mi fa molto piacere (e quindi rispondo molto volentieri), perché la Comunione dei Santi è una meravigliosa realtà, che chiunque ogni volta recita il «Credo» professa esplicitamente, ma ben pochi s’interessano di sapere cosa essa sia.
Il Catechismo dice che la Comunione dei Santi è la Chiesa. Ed è vero; ma detta così, sembra solo una cosa… giuridica; mentre essa è una – meravigliosa, ho detto – realtà di vita.
Diciamo, intanto, che con quel «santi» si intendono sia «sancta», cioè «le cose sante»: i beni spirituali (p.e. l’Eucarestia, i doni spirituali dello Spirito Santo), sia «sancti», cioè le persone che sono nella Grazia di Dio, Suoi figli non in rotta con Lui a causa del peccato.
Quindi praticamente tutti noi che ci sforziamo di vivere onestamente, secondo la volontà del Signore, e anche tutti quelli che sono morti in grazia di Dio; ma non solo i «santi» beatificati o canonizzati.
E non dimentichiamo che, oltre al Battesimo  di acqua, c‘è anche quello di sangue (come i bambini di Betlemme, trucidati da Erode) e quello di desiderio (come quel capo dei bramini dell’isola sacra del Gange, che ho conosciuto, il quale voleva appartenere a Cristo restando nella sua religione, ma evidentemente sublimandola in sé). Una massa innumerevole, sparsa in tutta l’umanità, anche al di là dei confini ufficialmente giuridici della Chiesa cattolica, che pure è il fondamento sostanziale e mistico di questa immensa comunità.
Diciamo ancora che quel «comunione» significa «comune unione»: i beni infiniti di Cristo, della Madonna, dei grandi santi, secondo le loro caratteristiche (si pensi alla generosità di S. Francesco d’Assisi o del santo Massimiliano Kolbe, offertosi al posto di un padre di famiglia nelle decimazioni di Auschwitz o dei miei confratelli il beato P. Pro, fucilato in Messico nel 1936, gridando «W Cristo Re» o i pp. Giovanni Fausti, che ho conosciuto, e Daniel Dajani, fucilati dai comunisti in Albania, poco prima della loro disfatta; oppure alla fedeltà eroica al loro ministero di S. Ignazio di Loyola o di S. Francesco Saverio in Oriente o di S. Pietro Claver nel Mar dei Caraibi in America Latina o dei recentissimi religiosi e cristiani a migliaia nelle attuali persecuzioni religiose in varie parti del mondo); ma anche i nostri piccoli o grandi sacrifici per amor di Dio, le preghiere innocenti e pure di tanti bambini e bambine, il dolore della madri dei Disparecidos: un tesoro infinito di bene spirituale e di Grazia che si diffonde – anche se non ce ne accorgiamo sensibilmente – su tutti e singoli i membri di quella immensa comunità. Un tesoro infinito, che da una parte non si potrà esaurire; e che, dall’altra, si può continuamente arricchire.
 
L’immagine piú capace,  a mio avviso, di capire questa realtà è quella dei vasi comunicanti: ciascuno di noi è uno di quei vasi – in numero immenso – e a ogni goccia che vi si immetta (diciamo, una preghiera nostra o di un qualsiasi bambino o di qualche nostro santo in cielo), tutti ne sentiamo il beneficio. Come si spiegano, altrimenti, certi eventi inspiegabili: conversioni improvvise, grazie straordinarie, ma anche difficoltà quotidiane che riusciamo a superare quasi senza accorgersi?
 
I vasi comunicanti sono un’immagine; ma come si spiega questa quasi incredibile – eppure costatabile – realtà?
Lo dice S. Paolo (1cor, 13, 4 sgg): «C’è diversità di carismi, … di ministeri, … di operazioni, ma lo Spirito è il medesimo. (…) Come il corpo è uno solo, ma ha molte membra, ma tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un coro solo, cosí è anche Cristo.» Siamo quindi con Cristo un solo corpo, dove ciascuna dei miliardi di cellule che lo compongono, e, a loro volta, i suoi componenti, hanno una loro funzione.
E S. Giovanni nel suo Vangelo (Gio, 15, 1sgg) scrive: «Io sono la vite vera e il Padre mio è il coltivatore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto lo monda affinché ne rechi di piú. (…) Io sono la vite, voi i tralci: chi resta in me e io in lui questi porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla.»
Il pittore Lorenzo Lotto (1480-1556) l’ha illustrato in questo splendido affresco:

La Comunione dei Santi secondo Lorenzo Lotto

Nella striscia superiore, la realtà della Comunione dei Santi, in quella inferiore la realtà quotidiana che attua o si contrappone a quella superiore.
La Comunione dei Santi è la nostra vita quotidiana – proprio la nostra, individuale e delle persone che vivono con noi – che attua o si contrappone alla realtà del Corpo mistico di Cristo.
 
Sempre a disposizione, cordialmente
 
P. Nazareno Taddei sj