Chiedo ma non ottengo niente - di Don Adelio Cola

C'è modo e modo di chiedere le cose. Anche a Dio.

23/10/2010
“Padre, io prego, prego ma non ottengo niente!”
È una lamentela che spesso ascoltiamo noi preti da fedeli che frequentano la chiesa.
“Ecco cosa guadagni andando sempre a messa! ”, dice qualcuno a qualche devoto.
Insomma, bisogna pregare sì o no, anche se non si “ottiene niente”?
La risposta non è soltanto affermativa ma rinforzata dal comando di Gesù: bisogna pregare sempre, “continuare a chiedere, continuare a bussare, continuare a cercare...”

C’è modo e modo di rivolgersi a Dio: c’è la preghiera del fariseo, del quale parla il vangelo di oggi, e l’altra del pubblicano. Incentrata sulla propria presunta innocenza la prima; sulla propria coscienza di peccatore la seconda.
È quest’ultima che viene esaudita dal Signore; l’altra fa uscire dal tempio il fariseo con sulla coscienza un peccato in più.
Ma infine, che cosa ha ottenuto il pubblicano con la sua preghiera, intendiamo che cosa ‘in pratica’? Nulla di materiale. E allora? Ha ottenuto dal Signore non un ‘dono’ ma il ‘per-dono’, il dono più grande, Dio gli ha perdonati tutti suoi peccati, ha cancellato i suoi debiti con lui.
Il modello da imitare nella preghiera è offerto dal comportamento interiore del pubblicano.
Desideriamo usare una formula di preghiera per non sbagliare ...la mira? C’è, l’ha insegnata Gesù stesso: il “Padre nostro”.
“La preghiera del povero (s’intende del povero nello spirito, quello che Gesù dichiara ‘beato’) attraversa le nubi”, afferma la prima lettura della messa odierna, “Il povero grida e il Signore lo ascolta”, assicura il ritornello del salmo responsoriale, “Dio mi libererà da ogni male”, scrive san Paolo, abbandonato da tutti e in carcere, al discepolo Timoteo. Ma da quali mali è stato liberato?, chiediamo noi, dal momento che l’apostolo finirà la vita sotto la scure del boia?...E poi naturalmente pensiamo a noi!
I mali dal quale siamo certi che Dio, invocato dalla nostra preghiera umile e perseverante ci libererà, non saranno sempre quelli fisici (“Signore, fammi guarire, fammi vincere la causa per cui mi hanno portato ingiustamente davanti al giudice...”), ma quelli che corrispondono al nostro vero bene.
Egli conosce ciò di cui abbiamo bisogno, ancora prima che noi glielo chiediamo. E allora perché chiederglielo con la preghiera? Perché ci aiuti ad accettare le decisioni della sua divina Volontà, che non può volere che il nostro bene...conclude chi ha fede!
Tutto concorre al bene per coloro che amano Dio.
Il segreto rapporto che esiste tra ciò che, secondo noi, è ‘cosa buona’ quella che chiediamo con la preghiera e ciò che è il nostro ‘vero bene’ , che soltanto Dio conosce, ci verrà svelato soltanto quando saremo al suo cospetto “e lo vedremo com’è e non come in uno specchio e nella nebbia del mistero”.

NOTA: Ci siamo riferiti soltanto alla preghiera di questa domenica (XXX) «Il povero grida e il Signore lo ascolta».
Ci sono anche altre finalità di preghiera.
Don Adelio Cola