Ecco, viene il Signore, Re della gloria - di P. Lorenzo Giordano sj

L'Emmanuele, Dio con noi

19/12/2010
La liturgia di oggi, IV Domenica di Avvento (Is., 7-10-14 Salmo 23 Rom. 1, 1-7 Mt. 18-24), ci fa riflettere su un preciso piano di attuazione, sulla storia della salvezza.
Concepito nella mente di Dio, prima dell'inizio del tempo, fu preannunciata ai progenitori, all'indomani della caduta e messo in opera con la scelta di un uomo (Abramo) e di un popolo (il popolo eletto); quando giunse la pienezza dei tempi, fu attuato con la venuta di Cristo, figlio di Davide. Dire che Cristo è figlio di Davide significa riconoscere la sua appartenenza ad Israele; ricordare una realtà che è segnata dalla sconfitta, come lo fu la storia della dinastia divina.
Dire che è Figlio di Dio, implica che la storia della salvezza ha ora il suo "Messia" capace di aprire questa storia a tutte le genti (2° lettura).
Credere oggi al Figlio di Davide costituito Figlio di Dio significa accettare che la storia non è estranea alla storia della Chiesa, ormai è il linguaggio che Dio ha voluto usare per comunicare con gli uomini. Egli si serve degli avvenimenti dell'uomo, anche quando sembrano strumenti indocili, come Davide ed i suoi successori, per la realizzazione del suo piano. Significa pure credere che la missione del cristiano ha un volto profondamente umano, non è disincarnato, ma intessuta di cultura e di storia proprio perché Dio è sceso ad incontrare l'uomo nella sua carne nella sua terra.
Il piano di Dio si incontra con la volontà e collaborazione umana: Giuseppe e Maria. Maria "eccelsa Figlia di Sion" è "il fiore di tutta l'umanità" Giuseppe è l'uomo giusto, non di quella giustizia legale che vuol mettere la legge dalla sua parte col ripudiare la fidanzata e nemmeno di quella giustizia che ha paura dei pregiudizi del prossimo ma di quella giustizia religiosa che gli vieta di appropriarsi dei meriti di una azione di Dio nella vita e nella vocazione di suo Figlio.
Un angelo interviene per dirgli che Dio ha bisogno di lui: è vero che il concepimento è opera dello Spirito Santo, ma Giuseppe deve far entrare il bambino nella discendenza di Davide.
Ma è l'Emmanuele che è il Dio con noi! Il segno dell'Emmanuele trova il suo perfetto compimento in Gesù Cristo, sacramento dell'incontro tra Dio e l'uomo la cui presenza nell'Eucarestia e nelle azioni liturgiche è il nuovo "segno" offerto a coloro che accettano di aver piena fiducia in Dio Padre.
La salvezza però non dipende esclusivamente da una iniziativa sovrana di Dio per cui all'uomo non rimarrebbe che attenderla passivamente: Dio non salva l'uomo senza la sua cooperazione e disponibilità. Dio rispetta l'uomo come ha rispettato la libertà di Maria e di Giuseppe e nonostante ciò il suo dono è sempre totale e continuamente rinnovato in ogni eucarestia in cui ci è dato il pegno della vita eterna (ora e dopo la comunione).
In Gesù è l'onnipotenza divina che si addossa le sofferenze, di un mondo che si evolve e di uomini peccatori, è l'onnipotenza divina che in Gesù sono gli infermi e cerca il confine della nostra morte. Il cristiano pur cogliendo nella creazione il mistero del dolore e del male, scorge il mistero della potenza dell'amore: Dio si è lasciato così intimamente coinvolgere dalle nostre situazioni, da assumere tutta la debolezza e topinenza che ci affligge eccetto il peccato.
Con grande fede riconoscente, siamo sempre disponibili a Dio come Maria e Giuseppe, pregando di non venire meno a questo dono, chiedendolo insistentemente nella preghiera.
P. Lorenzo Giordano sj