DAL PRIMO GIORNO DELL'ANNO AL PRIMO GIORNO DELLA STORIA di Mons. Giovanni Battista Chiaradia

...Madre di Dio... esame di coscienza...

01/01/2012

 

Il calendario, da secoli, pone il primo giorno dell’anno al femminile, nella memoria di Maria, Madre di Gesù. Assieme a Maria penso alla cugina Elisabetta, madre di Giovanni Battista, che sarà il primo annunciatore del Messia. Due mamme, due cugine che iniziano una storia in cui dottrina e limpidezza s’incrociano, donando alla storia un volto nuovo.

Il ruolo del femminile, all’inizio della storia umana, nella Bibbia dell’Antico Testamento, è il tema ancestrale in cui la donna è in primo piano, mentre la creazione dell’uomo è riportata, semplicemente, dalla «polvere del suolo». (Gen. 2,7).

La donna, definita da Dio «aiuto all’uomo», nasce dalla costola dell’uomo che esclama: «Questa è ossa delle mie ossa, carne della mia carne. La chiamerò “donna” perché dall’uomo è stata tratta».

Il testo ebraico è più significativo nella terminologia.

Uomo, in ebraico, è «ish», donna «isha».

La creazione della donna occupa quindi, nella Sacra Scrittura, un posto d’onore. In tutta la Bibbia e nelle letterature del tempo orientale antico, non esiste un altro racconto così espressivo sull’origine della donna.

Purtroppo la meraviglia della sua prima apparizione nella storia si oscura quando il serpente (simbolo fallico), che il testo biblico presenta come il più astuto degli animali selvatici, dice alla donna di mangiare dei frutti dell’albero che sta in mezzo al giardino che il Signore aveva loro proibito.

La donna si lasciò condurre dal serpente e mangiò di quei frutti. Così il male è entrato nel mondo per colpa dell’uomo e della donna che hanno abusato del dono della libertà. Oggetto del peccato è il potere di disporre, da soli, del bene e del male per raggiungere la felicità.

Dio ha proibito questa «conoscenza», che significa «misconoscenza» del carattere creaturale dell’uomo.

Adamo ed Eva hanno tentato invece di acquistarla per diventare come esseri divini e Dio li punisce.

Al serpente: «Perché hai fatto questo, maledetto tu fra tutto il bestiame».

Alla donna: «Con dolore partorirai i figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto ed egli ti dominerà».

All’uomo: «Maledetto il suolo per causa tua. Spine e cardi produrrà, con dolore trarrai cibo… Col sudore del volto mangerai il pane… polvere tu sei e polvere ritornerai!».

(Ho citato solo alcuni brani del testo biblico, il lettore, per il testo completo, veda, se vuole, la Bibbia nel libro della Genesi [1,3]).

Secondo il racconto sapienziale ed etiologico di Gen. 2;3 il male è entrato nel mondo per colpa dell’uomo e della donna che hanno abusato del dono della libertà. Si tratta di un peccato compiuto non in pieno periodo storico, ma alle origini stesse della storia. Non da un individuo isolato, ma da un uomo e da una donna. Oggetto del peccato è il potere di disporre autonomamente del bene e del male per raggiungere la felicità. «Conobbero che erano “nudi”», non tanto nel corpo, ma nella vita del loro insieme; hanno allontanato Dio.

Dopo il peccato il loro gioioso amore si intristisce e si intorbida, corrompendosi in cieca brama di possesso egoistico e in dispotica imposizione della volontà del più forte. (Gen. 3,16).

Nel tempo ci sarà una ripresa: Geremia, Ezechiele, Isaia propongono l’ideale primitivo della coppia umana proponendo un ideale di amore sponsale infinitamente superiore al primo.

Nasce, non si sa come, il «Cantico dei cantici» in cui i due giovani sposi si estasiano dinanzi alla bellezza del corpo dell’altro e per celebrarne le grazie, evocano monti e laghi! Sono sconvolti dallo struggimento della lontananza e dall’angoscia della ricerca…     

Mons. Giovanni Battista Chiaradia