Religione, sentimenti, mass-media

Cosa vuol dire essere cristiano senza essere Santa Rita

16/03/1997

Riprendo, come promesso, il discorso dell'ultima predica e insieme rispondo (almeno in parte) a un msg di C.N., che mi internetta: "Oggi non e' facile essere un buon cristiano con tutti i dubbi che vengono alla mente. Padre, cos'e' questo dubbio? e' forse il male in una sua forma? Poi, mia moglie mi dice: certo che se per essere cristiana bisogna essere come Santa Rita da Cascia, io non ce la farei mai."

Liberiamoci anzitutto dal problema di santa Rita.

Perché proprio santa Rita? Comunque, Dio (la Provvidenza) ha segnato a ciascuno un proprio cammino. I santi ci possono essere di esempio e di aiuto affinché noi possiamo seguire il nostro - non il loro - cammino. Certo che se qualcuno vuol essere S. Rita o S.Antonio o qualunque altro santo e' fuori strada. Dico: "essere"; non dico: "ispirarsi" all'uno o all'altro santo per qualche aspetto che interessa la nostra concreta condotta spirituale; e anche pregarlo perché ci aiuti.

E adesso: e' facile o difficile essere un buon cristiano? Direi che è facile e insieme difficile, ma non certo per i dubbi che vengono, come cercherò di spiegare più sotto. Essere cristiano vuol dire avere e praticare un certa concezione di vita. Gesù stesso ce l'ha descritta a chiare parole nell'Ultima Cena (come riferisce il Vangelo di S. Giovanni ,17, 3): "Questa e' la vita eterna : che conoscano Te, il solo vero Dio e Colui che tu hai mandato Gesu' Cristo." Da notare che la vita eterna e' il punto d'arrivo della nostra attuale vita terrena; e che in S. Giovanni, "conoscere" e' sinonimo di "credere"; e, ovviamente il "credere" implica una conoscenza e una condotta adeguata.

Facile o difficile? "Credere" (cioè sapere e praticare di conseguenza) che Dio è il solo vero Dio e che Gesu' e' stato mandato da lui proprio per la nostra salvezza (eterna) non e' un manuale, come fosse dire il Galateo di mons. della Casa (pur importante per i rapporti sociali, come ci si accorge oggi che e' tanto trascurato); però consiste fondamentalmente nei due primi comandamenti : "Amerai Dio con tutta la tua mente, con tutto il tuo cuore, con tutte le tue forze e il prossimo tuo come te stesso" e quindi nel decalogo, il quale però va letto come la S. Scrittura, compreso il Vangelo, ce l'ha tramandato e come la Chiesa, genuinamente e autorevolmente, lo interpreta. P.e., preoccuparsi troppo di guadagnare anche al di là del conveniente, vuol dire anteporre il dio-denaro al Dio vero.

"Amare", quindi, e' sostanzialmente anche seguire il decalogo perché anche questo e' strumento di quel "credere".
Facile o difficile?

Ma cosa vuol dire "amare"?

Ed ecco il discorso dell'altra volta: "amare" non e' l'affettività (che pure può essere coinvolta, ma che non ne costituisce l'essenza); certamente non e' il sentimentalismo, che anzi può traviare in quella "conoscenza" e in quel "credere"; a rigor di termini non e' nemmeno il sentimento, che tuttavia può aiutare (e in qualche momento, forse, e' necessario).

Su queste basi, infatti, si può arrivare a un qualche fanatismo o a una qualche ossessione che travolge la vera concezione di vita cristiana e che, anzi, arriva a contraddirla.

"Amare" e' essere disponibili all'unione, e' dare senza voler ricevere, è darsi per ciò che l'altro presenta di valore: Dio perché ci ha creati e ci ha destinati a una felicità senza fine, dopo questa vita; Gesu' Cristo perché ci ha redenti da quel peccatuccio della mela e, per salvarci, ha fondato la Chiesa degli apostoli, ch'e' la sua Sposa immacolata (e non la somma dei molti peccatori che ne fanno parte), ma che ha una gerarchia; il prossimo perché è figlio di Dio come noi, non perché oggi io do' a te e domani tu darai a me.

E il dubbio o i dubbi?
Anche qui torna, in parte, il discorso dell'altra volta: i mass media sono già moralmente pericolosi in partenza, perché ingenerano una mentalità quantitativistica e praticamente materialistica. Donde, proprio come origine, una bella fetta di dubbi.

Ma spesso questi dubbi sono alimentati a bella posta dai modi concreti in cui i mass media vengono gestiti.

C'entra diavolo? Certamente; ma esso spesso si serve proprio da quegli... innocentissimi mass media: "che male c'e' a ridere e a scherzare sulla religione e sui suoi rappresentanti?" "che male c'e' in una... democratica libertà di costumi o nel dar corpo a gusti personali che democraticamente non tengono conto dei diritti altrui?" "e dove va la libertà d'espressione?" (avete visto in tv notti fa, se non sbaglio nella pessima trasmissione di Canale 5 "Corto circuito", quei delinquenti che impiastricciano i muri e addirittura graffiano le vetrine dei negozi, perché "gli va" così e c'era chi difendeva il loro diritto alla libertà d'espressione e perché sta diventando di moda?)

E' dovere cristiano, quindi, oggi difendersi da questa predicazione materialistica dei mass media. Il che non e' sempre facile a causa delle cosiddette "comunicazioni inavvertite", delle quali non ci si accorge, proprio perché inavvertite.

Ma forse, allora, bisogna diventare specialisti di mass media? Certamente no, ma cercare di sapere quel tanto che basta a non lasciarsi invischiare nel materialismo e nella menzogna.

Facile o difficile? Credo che molto dipenda da ciascuno, perché il nostro comportamento dipende in grandissima parte dalla mentalità; e la mentalità, oggi, è formata quasi esclusivamente da una concezione materialistica, diffusa da certe ideologie o del benessere o del materialismo storico, che di fatto dominano anche i mass media, tipici formatori di mentalità.

E questo, purtroppo, anche con la tacita e inconscia connivenza dei... cristiani (ma lo sono veramente?)!

Cordialmente

 

P. Nazareno Taddei sj