Paradiso e Inferno

Dove può essere collocato il Paradiso e l'Inferno? Certamente non dove pensiamo noi...

03/09/1999

Il sig. A.G. mi internetta "Cos'è questo paradiso che non è più in cielo e questo inferno senza fuoco? Non ha altro da inventare la vostra benedetta Chiesa?"

No, signore! La Chiesa non ha altro da inventare, perché quello che c'era da... inventare è già stato inventato.

O, meglio: mi spiego.

Il sig. A.G. m'ha fatto pensare a quell'astronauta sovietico (preciso: sovietico, non russo) che ritornato sulla terra affermò: "Su nel cielo, non ho incontrato né Dio, né Cristo, né Madonna, né santi!".

Cioè: ha scambiato quel "cielo" che a noi appare azzurro e stellato di notte, se non ci sono nuvole (l'atmosfera e anche il cosmo che sta al di fuori di essa), col "cielo" di cui parlano più o meno tutti gli uomini quando pensano a quel "dove si va" tutti dopo la morte, se si è stati bravi. Altrimenti si va giù. Dove?All'inferno. E dov'è questo "giù"? Al centro della terra? Ohibò! Cosa vuol dire confondere il senso delle parole!...

Qui non è messa in discussione l'immortalità dell'anima, perché chi fa quel discorso è già convinto che, con la morte terrena, non tutto l'uomo muoia.

Muore il corpo; ma l'anima, spirituale, quindi immortale e immarcescibile, se ne va. Dove? Già, si dice "lassù", "in cielo". Ma non può essere un "lassù" materiale, fisico, com'è l'aria e quello che noi chiamiamo spazio, perché tutto questo è materiale. Non è una novità.

E' vero, però, che con l'andar del tempo certi concetti si sono cristallizzati e confusi.

Per far capire la cosa soprattutto ai bambini, si è arrivati a dire: "Vedi? Adesso il tuo papà è lassù, in quella stella, la vedi quella che brilla più delle altre?" E il bambino: "Sì!" e, forse (sottolineo), se ne va contento. Che se è giorno: "Adesso il tuo papà è lassù, in quella nuvoletta. La vedi quella bella, ovale, che sembra una culla o una carrozza? Il papà è lì, ma tu non lo vedi, perché è nascosto dentro." E il bambino: "Sì, ma mi piacerebbe vederlo!" "Eh, sì, ma non si può!"A dir così, c'è fatto bene o male? Mah!

La Chiesa non suggerisce certo simili pie frottole, anche se chi le racconta, magari, è proprio un catechista o un prete. Raccontare frottole non è certamente un bene; bene, però, è cercare di far capire qualcosa, adattandosi alla possibilità di comprendonio dell'età o dello sviluppo mentale.

Ma occorrerebbe farlo senza dare idee sbagliate. Far capire cos'è lo spirituale, non è facile, proprio perché lo spirituale è una dimensione diversa da quella materiale e fisica nella quale siamo immersi e costretti. Tuttavia, immersi, ma non totalmente; costretti, ma non limitati.

Anche in noi, infatti, c'è una parte spirituale che noi utilizziamo continuamente, anche senza accorgerci e che, con un pochino di buona volontà, possiamo anche avvertire. Non ci siamo mai accorti, p.e., che si sta pensando a una certa lettera o a qualsiasi altra cosa e tutto ci pare così chiaro, ma quando ci mettiamo a scrivere quella lettera o a descrivere quel pensiero le parole stentano a venire; e comunque difficilmente vengono come le avevamo pensate: è come se si dovesse fare tutto da capo? E' un chiaro esempio di attività spirituale (il pensare), che è ben diversa da quella di esprimere quel pensiero, in cui si richiede anche l'intervento della materialità dell'espressione, cioè le parole in concreto, in una precisa lingua, scritte o parlate.

Quando si pensa, non si lavora sulle parole, ma sulle idee. Che se poi si vuole esprimere e comunicare quelle idee, le si dovranno tradurre in parole o parlate o scritte, o anche in gesti o comunque segni materiali. Non ci è mai capitato di dire: "Non so cosa dire" oppure "Ce l'ho sulla punta della lingua" oppure "Non trovo la parola giusta per dire quello che vorrei"? Sono i classici momenti in cui si vuol passare dallo spirituale (quello che si ha in testa e che è prodotto di conoscenza spirituale) alla parte materiale necessaria per poterlo esprimere.

Quando il Papa ha detto che il cielo non è un luogo, bensì uno stato, e i miei confratelli de "La Civiltà Cattolica " hanno detto di non parlare di fiamme dell'inferno, hanno detto cose molto esatte, ma la cui esatta interpretazione si era venuta perdendo, a furia di parlare di cielo azzurro e di nuvolette o di stelle dove ci sono i nostri morti. Il "luogo" e lo "spazio" sono realtà materiali, lo "stato" invece è un concetto che prescinde, di per sé, da una connotazione di quel genere e quindi può servire anche per indicare quanto si riferisce alle sostanze spirituali.

Dove sono, allora, in questo momento, i nostri morti (che al presente sono solo anima)? Noi parliamo di "dove", perché noi siamo soggetti al tempo e allo spazio; e parliamo di "questo momento", ma loro non sono in nessun "momento" e in nessun "dove", perché sono fuori del tempo e dello spazio. Quindi, col nostro modo di vedere, possiamo anche dire: sono qui. Ma, attenzione!, secondo il nostro modo di vedere, non secondo il loro.In altre parole, sono in un'altra dimensione, che noi attingiamo attraverso qualcosa di materiale, come le parole e le immagini anche solo mentali. Discorso analogo per l'inferno: diavoli cornuti e con la coda, fiamme dell'inferno, ecc. sono modi che, come il cielo e le stelle del paradiso, sono serviti e in parte servono ancora per figurarci quella realtà e per farla capire ai bambini.

Ma sono modi corretti, almeno oggi, fino a un certo punto, sotto il profilo teologico e anche pedagogico, dato appunto il cambio della mentalità. Ha sbagliato dunque la Chiesa? No, se mai chi ha sbagliato è stato qualche uomo della Chiesa, o per negligenza o per ignoranza. La Chiesa, invece, p.e., ha sempre insegnato che il castigo dell'inferno si realizza in multis et miris modis, cioè in modi "vari", che addirittura potrebbero variare da individuo a individuo, e "miris", cioè tali da destare meraviglia e stupore, proprio perché si tratta di un mondo, di cui non possiamo avere che una conoscenza molto imperfetta. Al massimo s'è parlato di fiamme e di castighi fisici per dare un'analogia delle sofferenze che attendono il dannato.

E io stesso, che pure ho sempre saputo che le fiamme solo un'analogia, quando entro nell'acqua del bagno troppo calda, mi dico: "Attento a non meritare le pene del Purgatorio!" (quelle dell'inferno francamente mi sembrano lontane, compenso di una vita spesa al servizio di Dio!) Quelle figurazioni, a volte anche molto suggestive, andavano bene in altri tempi, dove una mentalità fideista era aiutata a considerare questi problemi trascendenti.

Ma oggi, con la mentalità secolaristica e quantitativisitica potenziata enormemente dai mass media, quelle figurazioni possono essere più dannose che utili. E' una realtà che ho toccato con mano quando in una mia trasmissione religiosa alla tv avevo detto che dopo la morte l'anima va o in paradiso o all'inferno o al purgatorio. Sono stato denunciato per aver negato l'immortalità dell'anima.

Come mai? Pensa e ripensa, mi sono accorto che, per una mentalità quantitativistica come l'attuale, l'andare è dei corpi. Dire quindi che l'anima "va" è come dire che è un corpo, quindi mortale. Da allora, quando faccio qualche corso ai catechisti e rilevo la necessità di tener conto della mentalità di chi ci ascolta (oltre alla capacità di capire, legata all'età e alla situazione esistenziale), faccio fare l'esercizio di sostituire quel "va" in un modo che dia l'idea esatta. Ma solo in un corso in Corea ho trovato chi c'è riuscito; ed è chiaro: gli orientali hanno una mentalità "contornuale", cioè legata a concetti espressi in forme immaginifiche (vedi ideogrammi, pittogrammi ecc.), mentre noi veniamo da una mentalità "concettuale", cioè legata a concetti che si esprimono con parole, che, appunto, significano direttamente concetti e non forme. Ma i mass media stanno ormai cambiando i modi del percepire e dell'esprimere.

Ma un altro caso mi ha convinto: un adolescente era venuto quasi angosciato perché nella predica d'Avvento il parroco aveva esortato ad "andare incontro a Cristo" e lui, con tutta la sua buona volontà, non era riuscito a sapere dove andare per incontrarlo. E' lo stesso problema: analogamente all'"andare", l'"incontrare" è dei corpi; e dov'è Cristo in carne e ossa per poterlo incontrare?

Direte: l'Eucarestia. Già ma il corpo che si vede è un pezzetto di pane. Questo dovrebbe far riflettere soprattutto quelli che intendono insegnare la dottrina: i modi di comunicare oggi sono cambiati (come ha ben insegnato il Papa attuale nella Redemptoris Missio, art. 37) e se non si sono ben appresi questi modi, si va a rischio non solo di non combinare niente, bensì di rovinare anche quel poco che c'è.

Sempre a disposizione, cordialmente.
 
P. Nazareno Taddei sj