Papa e perdono

Cosa c’entra il chiedere perdono con il concetto di infallibilità del Papa?

09/05/2000

Il sig. P.M. mi internetta: " Il fatto che questo Papa abbia chiesto perdono per tanti peccati della Chiesa, anche di Papi passati, m'ha fatto dubitare anche dell'infallibilità del Papa. E se fosse questo Papa a sbagliare?"

Il sig. G.B. egualmente mi internetta: "Cosa vuol dire chiedere perdono per errori commessi dagli altri e per di più in secoli passati? Perché non domanda perdono per gli errori suoi o di questa Chiesa che lui è il responsabile?"

Vorrei rassicurare il sig. P.M.: l'infallibilità del Papa non c'entra.Il Papa è infallibile quando parla di fede e di morale ex cathedra (cioè nel pieno della sua autorità di Vicario di Cristo e non di Sovrano di uno Stato civile e politico).

Un mio vecchio professore di ginnasio, a Trento, don Merler, ci diceva: "Anca 'l Papa, co'l fa crauti 'l pol sbaliar (anche il Papa quando fa i crauti può sbagliare)".

Gli errori eventuali di qualche Papa stanno - con tutto il rispetto - nella parte dei... crauti: "Il magistero è infallibile, ma l'autorità può essere fallibile", ha precisato il documento teologico. In altre parole, la storia fa capire che sono errori commessi non come Vicari di Cristo, tanto meno ex cathedra, bensì come sovrani d'uno Stato, che, soprattutto in passato, se la doveva intendere con le grandi potenze di allora.

Senza dire che bisogna poi vedere bene se qualcuna di quelle azioni, che oggi sembrano errori, a quei tempi lo sono stati veramente. Il Papa Adriano VI, fiammingo è stato l'ultimo Papa non italiano prima del nostro attuale; e, pare, il primo a chiedere un qualche perdono di errori della Chiesa prima di Paolo VI. Anch'egli nella guerra tra Carlo V (di cui egli era stato precettore quando quegli era ancor principe) e Francesco I dovette schierarsi col primo, benché per il suo spirito cristiano e paterno avesse cercato di ottenere una conciliazione.

Questo esempio, fa capire tra l'altro in quali tremende situazioni si possa trovare il Vicario di Cristo, servus servorum Dei, rappresentante del Dio, Padre universale, e del nostro divino fratello, Gesù, chiamato però a essere anche sovrano d'un regno temporale.

Arriviamo così alla seconda domanda, che è la più impegnativa.

Anche Sergio Romano in "Panorama" del 30 marzo, scrive: "E' relativamente facile chiedere perdono per le colpe commesse da altri in un lontano avant'ieri. Ma è inevitabile che qualcuno chieda conto alla Chiesa, prima o dopo, delle colpe commesse ieri e oggi. Chi, allora, chiederà perdono?"

Nella domanda di G.B. forse c'è l'eco dell'interrogativo di Romano. Distinguiamo anzitutto tra "Chiesa" e "uomini della Chiesa". La Chiesa è la società di tutti i battezzati; è la Sposa immacolata, il Corpo Mistico, di Cristo: non ha commesso né può commettere errori, come un automobile non può volare tra le nubi, se non diventa un aeroplano e una nuvola non può scorrere sulla terra se non diventa acqua.

Ma quella Società è fatta di uomini concreti, viventi o trapassati.

Questi uomini, finché sono o erano viventi, possono o hanno potuto sbagliare, o in buona o in mala fede. Sono stati quindi, buoni o cattivi, "uomini della Chiesa", non "la Chiesa", come molti giornali hanno scritto.Altra distinzione da fare: tra "chiedere perdono" e "perdonare". Se non erro, Papa Wojtyla ha solo "chiesto perdono".

Di più, si possono considerare anche errori attuali commessi da qualche autorevole uomo della Chiesa contro persone tuttora viventi. Il card. Ratzinger il 12 marzo ha riconosciuto: "uomini di Chiesa in nome della fede e della morale hanno talora fatto ricorso a modi non evangelici nel pur doveroso impegno di difesa della verità"; ma, anche senza dire che errori sono stati commessi pure completamente fuori dell'ambito della fede e della morale, non pare sia stata data prova d'aver perdonato, tanto meno s'è fatto qualcosa per restaurare verità e giustizia. E allora, a che serve quella grande manifestazione? Troppo poco il chiedere perdono senza perdonare?

Cercheremo di vedere. A chi ha chiesto perdono? Certamente anzitutto a Dio (ma in che senso? il documento teologico ha insistito nel dire che il peccato è "personale": che cosa ha il papa Wojtyla da farsi perdonare dai papi delle Crociate?); ai defunti importa poco che gli si chieda o non gli si chieda perdono, perché già fissati nell'eternità o della gioia, che è infinita e non può essere aumentata, o del tormento, pure infinito, che non può essere diminuito.

Allora, ai viventi; ma quali e come? C'è chi s'è lamentato perché insoddisfatto.Direi allora che il gesto del Papa è autentico, ma simbolico e, in certo senso, emblematico. Che portata ha, dunque, praticamente, un gesto di questo genere? Si esaurisce nel simbolo e nell'emblema?Ecco il punto!Io direi di no, perché è un colpo di atomica contro il tristo trionfalismo ecclesiastico.

Ancor oggi, nonostante tutto, c'è qualcuno che, senza essere il Papa, crede d'avere l'infallibilità in tasca, anche quando "fa crauti".

E guai a contraddirlo, solo perché "sono io"; ecco il trionfalismo! Il danno che ha fatto e fa questo qualcuno (ben più d'uno) alla Chiesa è enorme: in parte ha provocato per reazione il secolarismo dominante; ma del suo e loro difetto ha approfittato l'inimicus homo per entrare e fare piazza pulita.Non è detto che col 12 marzo tutto cambierà subito; certamente però la svolta è stata autorevolmente segnata.

Un fatto che si ripercuoterà nella storia della Chiesa a partire da quella data. Questo, a mio avviso, il significato più autentico di quell'iniziativa del Papa Wojtyla.

Sempre a disposizione, cordialmente
 
P. Nazareno Taddei sj