Chiesa o piazza?

Come fare a mutare “il modo” di porgere – oggi – la parola di Dio

01/10/2000

Il rev. S.S. mi internetta: "Nell'ultima predica, rispondendo a un sacerdote rimasto piuttosto deluso circa la Giornata della Gioventù di Roma, Lei scrive che 'la nuova situazione sociale richiede radicali cambiamenti pastorali: non nella sostanza, bensì nel modo di attuarla, perché (come dice il Papa) la nuova cultura dipende sostanzialmente dai nuovi modi di comunicare. Il che richiede un cambiamento di mentalità, [perché] l'antico non è il rispetto per il corpo, bensì il non capire che quello che è cambiato è il modo di considerare la realtà... Non si può riconoscere come dato di diritto ciò che è solo, ed erroneo, dato di fatto.' Mi pare tutto un po' sibillino. Mi vuole spiegare, per favore?"

In effetti, per dire tutto in poche parole, ho addossato i concetti, rendendo poco chiaro il tutto.

Me ne scuso.

La sostanza del pensiero era (ed è):

a) Occorrono, sì, radicali cambiamenti pastorali; perché i vecchi sistemi (p.e., secondo il mio interlocutore, il parlare teologhese, credere che basti il movimentare le piazze, ecc.) o non funzionano più o non sono sufficienti. Ma occorre anche vedere più a fondo il problema, per non buttar via il pupo e anche il secchio con l'acqua sporca.Come dice il Papa nella Redemptoris Missio all'art. 37, il motivo di fondo per la necessità dei cambiamenti è che ciò che è cambiato sostanzialmente è il modo di considerare la realtà. E questo nuovo modo - "nuova cultura", la chiama il Papa, o nuova mentalità - dipende dai nuovi modi di comunicare: "nuovi linguaggi, nuove tecniche di comunicazione, nuovi atteggiamenti psicologici" (sono le parole del Papa che hanno profondo fondamento scientifico, oltre che autorevole per il cristiano).

b) I risultati dei nuovi modi di comunicare e quindi di considerare la realtà sono, più d'una volta, erronei. Però, che siano erronei è un "dato di fatto" e sbaglieremmo se lo considerassimo "dato di diritto"; se cioè considerassimo che questi modi erronei hanno diritto di esistere così come sono e non ci preoccupassimo di ridurli alla verità. Tuttavia, è da questi nuovi modi, per quanto erronei, che dobbiamo partire per studiare i cambiamenti pastorali necessari. Purtroppo, sono ancora pochi quelli che impostano su questa linea il problema dei cambiamenti pastorali, di cui oramai si sente ovunque bisogno.

c) Il problema-base, posto anche dal Papa, è sempre che il campo di battaglia oggi è il mondo della comunicazione, perché i nuovi modi di comunicare sono quelli tecnologici (cinema, tv, computer, internet), i quali hanno di fatto indotto una "nuova cultura", vale a dire un nuovo modo di considerare la realtà. Viene alla mente il campo di battaglia di cui parlava già S. Ignazio di Loyola, 400 anni fa: su questo campo - che oggi è quello della comunicazione, come dice il Papa - si combatte la lotta tra il bene (il vessillo di Cristo da Gerusalemme, città della luce) e il male (il vessillo di Satana da Babilonia, città della confusione).

Infatti, la confusione, che però sembra ammantarsi di luce, è la principale caratteristica della comunicazione massmediale (impropriamente detta "mediatica"). Il discorso è molto più vasto e profondo di quanto non sembri a prima vista e le indicazioni operative che ne conseguono sono ben lontane dal poter essere, già oggi, formulate interamente.

Questa "nuova cultura" si caratterizza perché è quantitativistica (prossima quindi al materialismo, sia filosofico [comunismo] sia pragmatico [consumismo], ma da non identificarsi con esso); sospinge quindi a un bisogno di concretezza (rifiuto quindi di princìpi e teorie a priori), a un soggettivismo esasperato, e, tra l'altro, alla sicumera di non aver bisogno di apprendere, perché si crede di sapere già tutto e alla convinzione che direi istintiva (peccato originale) del "tutto diritti e nessun dovere" e simili atteggiamenti.Il Papa afferma che è proprio il messaggio cristiano a doversi integrare in questa nuova cultura. Ma questa cultura è contro ogni ragionevole e naturale condizione e non dico nemmeno cristiana.

La presa di posizione del Papa è rivoluzionaria ed è il Papa a suggerirla.

Ma come si fa ad attuarla? La risposta non è sempre facile; e forse è anche per questo che quel discorso del Papa non è molto conosciuto e comunque è poco atteso come guida pastorale odierna. Però è essenziale per la "nuova evangelizzazione".Diciamo anzitutto che integrare il messaggio in quella nuova mentalità quantitativistica e soggettivistica non può voler dire prendere per buono tutto quello che da essa deriva: un "dato di fatto" non si può prendere come "dato di diritto". E' quello che succede per certi atteggiamenti dei nostri giovani, apparentemente incomprensibili e irrazionali, che sono frutto diretto di quella mentalità.

Ma insomma, voi mi chiederete a questo punto, Lei che cosa suggerisce? Ci sono certamente due cose da fare: la prima, convincersi che la linea d'impostazione da scegliere è quella della comunicazione, soprattutto odierna, com'è indicata dal Papa nel suo citato brano dell'"aeropago della comunicazione" (occorre quindi studiare questa nuova scienza); la seconda, cercare di rendersi conto di qual è e come è, nel profondo, la situazione pastorale nella quale abbiamo da operare, per quanto riguarda sia la reale situazione di mentalità del nostro pubblico sia l'effetto positivo o negativo della nostra stessa azione, cercando di riuscire a conoscerne bene il cosa, il come e il perché.

Quindi, ancora una volta studiare e prepararsi ex novo, giovani e vecchi.Si è ancora molto lontani - da parte di sacerdoti, anche bravi e zelanti - dalla consapevolezza delle nuove strade da battere per far fronte all'odierna situazione pastorale. Si fanno sforzi per superare la situazione; ma si può già costatare che l'insuccesso è immancabile; proprio perché non ci si è messi su quella strada indicata dal Papa. Sono solo accenni. Il discorso dovrebbe essere molto ma molto approfondito.

Sempre a disposizione, cordialmente
 
P. Nazareno Taddei sj