Il giovane N.M. mi internetta: «Ho un quesito da porle (…). Ho letto molti libri sulla coscienza, ma nessuno propone un metodo, una strategia per formare una coscienza cristiana. E' forse il metodo del 'dubbio' e della maieutica socratica la strada giusta da seguire oggi?»
Bella domanda, anche se un po' complessa! La coscienza, infatti, è la prima norma di moralità; ma questa norma certamente non è il dubbio, bensì la certezza.
Vediamo un po' meglio.
Anzitutto parlerei di «coscienza (eventualmente di cristiano)», piuttosto che di «coscienza cristiana». Infatti la coscienza non è né cristiana né pagana; è la coscienza e basta.
La coscienza è la consapevolezza che, in una determinata circostanza, il nostro comportamento è stato conforme o difforme dalla norma superiore, che ci dice di fare il bene e fuggire il male.
«Consapevolezza» è rendersi conto che quella norma esiste e che un nostro comportamento vi è stato conforme o difforme. Quella norma, però, codificata per noi nei 10 Comandamenti, è incisa nell'intimo del nostro essere e dipende da noi l'osservarla o meno. Se l'osserviamo ci sentiamo tranquilli; se non l'osserviamo, ci subentra quel malessere che si chiama «rimorso».
A questo punto, la domanda che potrebbe venir spontanea è: ma perché non dovremmo osservarla, dal momento che ci dà un benessere profondo, spirituale, ben più apprezzabile del benessere materiale? La risposta è nella storia del «peccato originale», che è peccato di egoismo, la cui tendenza ci ritroviamo dentro, accanto e contraria a quella già citata di fare il bene e fuggire il male. E dentro questa storia, c'è tutta la realtà del conflitto tra Dio con i suoi figli e Satana con i suoi seguaci.
Bel discorso anche questo, ma che ci porterebbe lontano.
Torniamo alla coscienza. La coscienza è la prima norma di moralità: spetta a noi decidere il nostro comportamento. Vuol dire quindi che, in qualche modo, siamo noi arbitri del nostro destino.
Certamente, ma con tutta la moderazione possibile.
Per essere prima norma di moralità, la coscienza deve essere «retta».
Ci sono vari tipi di coscienza:
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coscienza erronea, cioè senza verità oggettiva; senza corrispondenza alla norma scritta nel nostro cuore. Questa coscienza, però, può essere erronea o «vincibiliter» o «invincibiliter» : l'individuo, cioè, è in grado o non è in grado di correggere l'errore. Se è in grado («vincibilmente erronea»), è tenuto a correggere quel suo modo di intendere la bontà d'un certo comportamento, altrimenti la sua coscienza non lo giustifica. E' il caso di chi dice, p.e.: «Non vado a Messa la domenica; ma prego e, se mi capita, passo anche in chiesa a pregare.» E' un errore, perché non si può confondere l'impegno (indefinito) della preghiera con l'osservanza (definita) del precetto festivo: l'andare a Messa è un preciso dovere del cristiano e per dispensarsene occorre una motivazione «proporzionatamente grave», che non può essere la motivazione del pregare fuori Messa. Ma è anche il caso di quei cristiani, che, male interpretando il Vangelo, si sono messi dalla parte degli evidenti nemici della Chiesa: se almeno fossero un po' formati cristianamente, non potrebbero non accorgersi del loro banale errore; quindi non si giustificano. Può darsi che li abbia accecati invincibilmente l'interesse personale o di gruppo oppure l'influsso ideologico e per quanto, dal punto di vista umano, sembrino non giustificarsi, lasciamo a Dio il giudizio: noi non possiamo.Se, invece, l'individuo non è proprio in grado di correggere un errore, che per lui è invincibile, il suo comportamento, anche contro la legge divina, non gli impedisce di avere coscienza «retta». E' il caso, p.e., dei bambini di certi ambiti sociali formati a considerare il furto come azione buona, anzi doverosa; e non c'è né scuola, né il contatto con altri ambienti che valgano a correggere quella loro idea. Può essere anche il caso di qualche fondamentalista islamico, che ritiene ossequio a Dio collaborare o come kamicase o anche solo come semplice fedele alla «guerra» che Bin Laden, in buona o in mala fede, ha dichiarato «santa».Si può ragionevolmente pensare che la loro coscienza sia «erronea invincibilmente ». Ma ovvio che il vero giudice è Dio: non siamo noi.
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coscienza giusta; cioè conforme perfettamente alla norma divina, in tutti i suoi aspetti, anche i più approfonditi e dettagliati. Per una coscienza valida non si richiede questa perfezione, sebbene ovviamente sia desiderabile.
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coscienza retta; cioè conforme alla norma divina in base a un buon senso, cioè secondo il modo comune di sentire di gente certamente onesta. Bisogna però stare attenti al cosiddetto «buon senso», perché è quella qualità che ciascuno crede di averne abbastanza (e purtroppo non è sempre vero).
Di fronte a queste considerazioni, viene proprio da ammirare l'infinita liberalità del Creatore che, rendendoci arbitri del nostro comportamento, si fida di noi fino in fondo. Dio non è un ragioniere che registra come un aguzzino le nostre mancanze; Dio è un Padre, che ci fa sentire dentro quello che è bene e quello che è male e attende - e benedice (e ci aiuta) - la nostra risposta positiva. Non è bello deluderlo (che poi è anche il nostro interesse)! La nostra deve essere una risposta d'amore!
Per venire infine a come formare la propria coscienza di cristiani, direi che è problema di amare e vivere «la verità, la giustizia e la carità nella libertà», come ha insegnato il Papa buono, ricordando però bene che la verità non è quello che penso io perché lo penso io; la giustizia non è che tutti facciano quello che voglio io; la carità non è solo fare l'elemosina, bensì sentire tutti come figli di Dio; e la libertà non è fare quello che si vuole, bensì saper scegliere il bene e rifuggire dal male.
Ma direi anche: abituarsi ad ascoltare bene la propria coscienza, la quale generalmente fugge dal chiasso e parla nel silenzio. E dobbiamo metterci onestamente a volerla ascoltare, non a farci dire quello che vogliamo sentirci dire.
Una buona norma può essere: quando dobbiamo fare una scelta che implichi la nostra coscienza, chiederci: «Che cosa sceglierei se fossi sul letto di morte?» e metterci ad ascoltare in silenzio. Ma è utile anche consigliarci con persona di fiducia, competente e sincera.
In conclusione: siamo in un ambito dell'amore di Dio per noi e dobbiamo rispondere con amore.
Sempre a disposizione, cordialmente
P. Nazareno Taddei sj
28.11.2001