CAPODANNO

I rumori (eccessivi) della notte di capodanno e il disturbo che tale pratica ci arreca; perché...

03/01/2001
B.D . mi internetta: "Mi hanno veramente disturbato gli schiamazzi di questa notte, Capodanno. Cosa ne dice Lei, da sacerdote?"
Dico che anch'io, nella mia città, sono stato disturbato; ma il problema forse è più complesso e più ampio del nostro disturbo personale.
Bisognerebbe vedere, infatti, perché queste cose ci disturbano tanto. Ci disturbano, infatti, in questo modo anche i rumori che fanno in casa o sulla strada i muratori o gli operai col martello pneumatico? Disturbano certo; ma non in questo modo: ne capiamo la necessità, al massimo cambiamo posto; ma non pensiamo di scrivere a un prete per chiedere cosa ne pensa. E allora può darsi che ci sia in noi qualcosa di psicologico che ci fa disturbare: non siamo in grado di renderci conto del "perché?" di quel disturbo. Forse anche un po' di egoismo.
E' quello che ho pensato anch'io.
E allora cerchiamo di vedere meglio.
Presso tutti i popoli c'è stata sempre la consuetudine di un giorno che divide dal passato e apre al futuro. E' per lasciar da parte dolori e mali e aprirsi a qualcosa di migliore.
In Babilonia, alla festa dell'"akitu" o "zagmuk" (il capodanno, appunto), dopo aver staccato la testa d'un montone e averla strofinata sulle mura del tempio e gettata nel fiume, il re si spogliava delle vesti regali e confessava pubblicamente i suoi peccati, dopo di che si rivestiva delle insegne e riconfermava il suo potere, andando a toccare la statua del dio Marduk.
Nel capodanno giudaico si suonavano (e forse si suonano ancora, non so) trombe.
Nell'antica Roma, si cacciava a colpi di bastone Mamurio Veturio, che rappresenta Marte Vecchio, cioè l'anno trascorso.
Legate quindi al Capodanno sono manifestazioni di scongiuro contro il male passato, come gettar via oggetti o suppellettili inservibili o rotti, o far rumore percuotendo oggetti di rame o bruciare fantocci che rappresentano l'anno passato, o urlare o fare botti per mandar via gli spiriti cattivi.
Questo per l'anno vecchio; per l'anno nuovo, invece, baldoria di auguri e fuochi d'artificio e doni e cene e pranzi comuni, segno di speranza e di auspicio.
Ricordo quella notte (anni fa) di S. Silvestro a Napoli (ero stato invitato apposta): orripilante e meravigliosa a un tempo, con le strade impraticabili per i mucchi di vecchie cose, anche mobili, gettati dalla finestra, tra sfolgorii di razzi e di fuochi d'artificio e botti di vario genere e schiamazzi.
Speranza e auspicio tuttavia che non sempre si avverano, perché la vita è ben qualcosa di diverso da ciò che si può risolvere con un mortaretto o con una cena. Ma la speranza… "ultima dea fugge i sepolcri…"!
Ma c'è molto umano, dietro tutto questo; e, forse, anche molto più pagano che cristiano.
Tuttavia la Chiesa non condanna: benché il suo nuovo anno inizi con la prima domenica d'Avvento e non col 1° gennaio, essa usa celebrare il "Te Deum", che è l'inno di ringraziamento, al pomeriggio e alla sera di S. Silvestro e cantare l'indomani il " Veni Creator Spiritus", che è l'inno d'invocazione per benedizione e protezione.
Ovviamente, questo non significa condivisione con gli eccessi di stile prettamente pagano che soprattutto da qualche anno caratterizzano queste manifestazioni. Vorrei dire che, piuttosto, è richiamo a considerazioni ben più serie, sia pure nella gioia e nel tripudio.
Per la Chiesa, il giorno del Capodanno è l'"ottava del Natale ", cioè il riconosciuto ottavo giorno che lo commemora. Essa dedica questo giorno a Maria Santissima, Madre di Dio: il grande mistero.
A mezzanotte, io ho celebrato la Messa, perché la prima azione del mio anno fosse con Gesù-Dio e con Colei che l'ha fatto uomo. Mi giungevano dalla finestra pur chiusa i suoni della piazza, ma anche gli schiamazzi … e, purtroppo, spesso scomposti.
Non so quanto di speranza e di festa ci fosse in essi… e mi dava una grande tristezza.
Il cristiano è per la gioia e sa capire anche se talvolta essa è tale da passare qualche limite. Vorrei dire: il cristiano deve saper comprendere e scusare perfino il pizzico di pagano che c'è sotto; ma di fronte alla scostumatezza insulsa di qualcuno che pure è cristiano come te, non si può non provare una profonda tristezza. E così offrivo il Sacrificio eucaristico.
Piuttosto, a parte il disturbo personale che, con quanto detto potrebbe o dovrebbe essere superato, mi sono chiesto e chiedo: chi ha portato la nostra gente a questi punti di degrado?
Questo è il punto!
Non è stata certo la morale cristiana, seppur più d'una volta formalista ed esagerata.
Il consumismo e il secolarismo, in una parola: il materialismo, ha svuotato la testa di molta gente della spiritualità di cui l'uomo pur ha bisogno.
La spiritualità è l'ansia dell'Infinito che tutti ci portiamo dentro (come dice S. Agostino: "Ci hai fatti per Te, Signore; e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in te!"); l'uomo incolto e insulso cerca quel "sempre di più" in qualcosa di terreno: sempre più soldi, sempre più godere, sempre più dominio, sempre più egoismo. Ma l'infinito, per questa strada, non di trova mai. E resta l'ansia, che spinge a passare i limiti della decenza e del rispetto per gli altri.
Ecco quel che penso. Con tristezza, ma con speranza: "in spe, contra spem (nella speranza, ma contro ogni speranza)".
Dio è infinito. Che ci aiuti! In fondo, sono anche affari Suoi, perché Egli è il Padre che ci ha creati.
Sempre a disposizione, cordialmente con auguri di fede, speranza e carità.
 
P. Nazareno Taddei sj