Assisi, pace e 12 religioni

A proposito dell'incontro di Assisi voluto dal Papa per pregare per la Pace: servirà a qualcosa?

30/01/2002
Il prof. L.C. mi internetta: «Cosa dice dell’incontro di Assisi sulla pace? Fede o utopia? O addirittura manovra di predominio cattolico?»
 
La domanda non è semplice e forse anche un po’ insidiosa; cosa penso di quell’incontro o penso che quell’incontro sia fede o utopia o penso addirittura che non sia piuttosto una manovra?
Cerco comunque di rispondere, escludendo l’ipotesi «manovra», nonostante forse qualche apparenza che può suggerirla: p.e. quel Papa dominante come collocazione materiale sul podio, poltrona speciale, inchino di chi gli passava davanti, ecc.. Va detto, però, che il Papa di Roma, non il rev. Wojtyla, era invitante; e nemmeno …padron di  casa, perché invitava a incontrarsi fuori del territorio in cui egli è Sovrano.
Ma soprattutto: come si fa anche solo a sospettare una simile ipotesi strumentalizzante e anche falsificante nel confronto dei massimi rappresentanti delle religioni (non delle ideologie o delle politiche), anche opposte alla nostra? Per di più, nella drammatica situazione mondiale nella quale ci troviamo?
 
Diciamo allora: anzitutto, l’incontro del 24 gennaio ad Assisi di tanti rappresentanti di ben 12 religioni diverse, anche non monoteistiche, è un fatto assolutamente nuovo nella storia conosciuta dell’umanità. Basterebbe anche solo questo aspetto per dichiararne l’importanza planetaria e non solo nel campo religioso.
Eccone quello che ne chiamerei il simbolo: le lampade di tutti su un unico tavolo.
Lampade ad Assisi  
Per quanto poi riguarda il nostro mondo cattolico, è stato un colpo violento di barra contro quel trionfalismo che ha inficiato e inficia ancora la genuina opera di evangelizzazione che la Chiesa persegue con tanti suoi figli e figlie, dediti fino alla morte, anche col sangue.
Ricordiamo il detto famoso «extra Ecclesiam nulla salus! (fuori della Chiesa non c’è salvezza)».  Federico Fellini, nel suo film 8 e 1/2, prende graziosamente in giro il cardinale ospite dei Bagni di Montecatini, che lo dice con sussiego. A lui s’era rivolto per aver consiglio il regista Guido Anselmi, in crisi esistenziale ed egli gli risponde richiamando la sua attenzione sul canto d’un uccellino.
Certo: «extra Ecclesiam nulla salus»; ma in che senso? Lo spiega il recente documento «Dominus Jesus» della Congregazione per la Dottrina della Fede: anche i fedeli delle altre religioni si possono salvare; anzi le altre religioni svolgono un ruolo di «mediazione partecipata» nei confronti della salvezza.  La salvezza comunicata è la stessa posseduta in modo completo dalla Chiesa cattolica. In questo senso si afferma che fuori della salvezza posseduta dalla chiesa non c’è salvezza. Non nel senso che per salvarsi sia necessario appartenere alle nostre strutture ecclesiali.
Ecco perché l’incontro di Assisi non è una perdita di identità della Chiesa Cattolica, come ha voluto insinuare qualcuno, che nella sua umiltà crede di saperne di più del Padre Eterno; ed ecco anche perché ad Assisi c’è stata unità comune della preghiera di tutti, manifestata dalla contemporaneità e non dal sincretismo, cioè ciascuno in luoghi e modi diversi: proprio perché l’Essere Supremo è Uno e ha gradito e gradisce essere riconosciuto sotto tutti i lidi e i climi, diversi l’uno dall’altro.
Nella pienezza dei tempi, quell’Essere ha inviato il Suo Verbo, che s’è fatto uomo nel seno di Maria Vergine; ma anch’Egli ha rispettato le Leggi ebraiche, che pur veniva a perfezionare, ma non a distruggere: «Non sono venuto per abolire la Legge o i profeti, ma per dare compimento!» (Mt 5, 17)
 
E ora: Fede o utopia?  Certamente fede, ma in Dio che penetra nell’intimo dei cuori, se gli si apre la porta. Egli bussa e bussa. Il problema è tutto qui. Fede che, chi dovrebbe, Gli apra la porta.
Ed è un mistero. Per questo, è un po’ un’utopia essere proprio sicuri che quella meravigliosa unità di preghiere porti subito la pace. Ma non si sa mai. Direi: santa utopia!
 
Ma Dio non potrebbe fare il miracolo? In teoria sì; ma in pratica andrebbe contro il Suo stesso piano eterno della libertà umana.
Chi ha vissuto ricorda bene le grida di pace organizzate da chi voleva la guerra armata, cominciando da Mussolini che parla di pace proprio nel discorso da Milano in cui annuncia l’Asse Roma-Berlino, fino alle manifestazioni comuniste di questi decenni per indebolire la resistenza alla loro conquista del governo.
Oggi, poi, guardate la foto qui sotto:
La bandiera della pace sventola in un gruppo di laici e religiosi
la parola pace è scritta su uno di quegli arcobaleni a bandiera che abbiamo visto e rivisto portati come emblema da persone che dicono «pace» ma vogliono guerra (pur non sempre armata): guerra a questo, guerra a quello, a tutto quello che non gli va, per fare quello che vogliono loro; pace per egoismo, non per giustizia.
Questa bandiera ha sventolato  proprio ad Assisi, alla fine dell’incontro, tra il pubblico presente; e il regista vi ha ingenuamente insistito nel mostrarla.
Segno di pace falsa, che stonava in quella circostanza.
 
Lì, invece, il concetto della  vera Pace, proprio sotto la particolare ottica del perdono, che è la più estrema e la più sostanziale, è risuonato in tutta la sua verità.
«La Pace è opera di giustizia (Opus justitiae pax)». «La Pace è la tranquillità dell’ordine (Pax tranquillitas ordinis)» Sono parole semplici, eppure immense, ma precise.
La Pace non è sinonimo di non-guerra: è semplicemente la «tranquillità dell’ordine creata dalla giustizia».
Ad Assisi, un rappresentante di religione africana ha detto che la pace deve essere anzitutto pace con la natura e uno ebraico ha dichiarato con forza che la S. Scrittura parla di guerre volute da Dio. La guerra infatti può essere necessaria per avere giustizia e per mantenere o produrre quell’ordine che dà tranquillità. Ma la giustizia non è quello che voglio io nel mio egoismo; è dare a ciascuno il suo; il «suo» a «ciascuno».
Il Papa ha portato il suo ulteriore apporto, già dichiarato ai rappresentanti dei Governi presso la S. Sede: «Non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza perdono»; ciò chiaramente suppone il contributo esplicito dell’uomo. È stato il leitmotiv di Assisi: il perdono è un ulteriore passo per la giustizia ed è l’ultima spiaggia per la pace vera.
Ma è tutt’altro che facile; ancora una volta ci si affaccia il mistero dell’uomo, non di Dio.
La pace, quindi, comincia da noi stessi: dentro di noi, nelle nostre famiglie, nella nostre comunità. Così, si può espandere anche alla società umana. Tutto dipende dall’uomo che sente Dio bussare al suo cuore e lo ascolta o non lo ascolta.
Chi non ascolta deve avere la nostra fraterna commiserazione e la nostra preghiera; ma, per un falsato senso di carità, non può né deve avere la nostra solidarietà. La legge di Dio è esplicita: «sono venuto a portare la guerra, non la pace» ha detto Gesù e certamente non voleva la guerra che è disordine.
Come si vede, il discorso è molto serio.
 
Sempre a disposizione, cordialmente
 
P. Nazareno Taddei sj