La confessione è sempre segreta

La confessione (remissione dei peccati): caratteristiche e peculiarità

07/07/2002
Un signore (molto probabilmente non italiano), che si firma «Apocalysse», mi pone la domanda: «Ma la confessione rimane sempre segreta?» «in quanto – spiega - ho vissuto una tragica esperienza (…).»
Rispondo: mi è difficile dare una risposta a un caso particolare (come mi pare sia quello al quale Apocalysse si riferisce), perché gli elementi che mi offre non mi sono sufficienti.
 
Ma , in argomento, mi pare di poter dire tranquillamente quanto segue.
E’ certo che un sacerdote in confessione
a) è tenuto strettissimamente al segreto, anche a costo della vita;
b) per quanto «giudice», non deve dimenticare d’essere «padre» e che il suo giudizio deve portare all’assoluzione (ovviamente, se ci sono le predisposizioni d’animo nel penitente) e non alla condanna;
c) per quanto mi consta nella mia lunga esperienza, il Signore dà aiuti anche straordinari ai confessori, perché non violino il segreto della confessione. Si tratta infatti d’un segreto particolarissimo, detto appunto segreto «sacramentale»,  che non va assolutamente confuso col segreto «naturale» o anche solo «professionale» e si riferisce a quanto s’è ascoltato in confessione.
 
Da parte sua, il penitente
i) deve essere sincero e rispettoso del ruolo sacro del confessore; quindi è tenuto a rispettare anche le parole che lui gli dice, inerenti però a quello specifico caso di confessione;
ii) se però, per qualche ragione, il penitente  non è ragionevolmente soddisfatto di un confessore, può legittimamente rivolgersi a un altro. Occorre, però, che questo cambiare confessore non sia un pretesto per eludere un impegno doveroso che quel confessore giustamente gli ha chiesto e che il penitente non vuole eseguire. Per questo, è bene che il penitente insoddisfatto dica al nuovo confessore il motivo per il quale ha abbandonato l’altro confessore (anche senza specificarlo). 
Questo è quello che mi pare di poter dire in linea di principio, non essendo in grado di entrare nel caso specifico di Apocalysse.
Vorrei però ricordare il vero aspetto del Sacramento della Confessione (che oggi si preferisce chiamare «della Riconciliazione», proprio per sottolinearne il tipico ambito di amore).
Infatti, Cristo lo ha istituito perché l’uomo che ha commesso un peccato grave – cioè ha offeso mortalmente Dio e quindi si è buttato fuori dal seno della Chiesa e distaccato dalla grande famiglia dei figli di Dio - possa avere il perdono e, col perdono, essere riammesso al comune abbraccio. La certezza del perdono che sta dietro a quel Sacramento è l’indice fortissimo dell’ambito d’amore divino e umano (spiritualmente) in cui si opera.
Ricordo che per la sua validità, è necessario che la confessione sia «sincera», per quanto possibile «completa» (circa numero e specie dei peccati gravi commessi) e accompagnata dalla «contrizione», cioè da un atto (interiore, ma possibilmente esteriorizzato al confessore) di dolore almeno imperfetto.
L’atto di dolore è «imperfetto», quando ci si pente per i castighi meritati; è invece «perfetto» quando ci si pente per aver  offeso Dio, che è nostro Padre e ci vuole bene e ci sostenta in ogni istante della nostra vita. Si pensi  che brutta cosa è servirci proprio di quello che Dio ci dà in ogni istante (vita, intelligenza, volontà, energie anche di sentimenti) per  compiere proprio quello che Egli non vuole e quindi offenderlo, tanto – se fosse possibile – da poterlo ammazzare!
 
Sempre a disposizione, cordialmente

 

P. Nazareno Taddei sj