Una messa che vale

Prendendo spunto da una affermazione fatta in una conferenza si torna a parlare del rapporto tra l'uomo e Dio, specie attraverso la preghiera e la Messa.

10/12/2002
GG mi internetta: "Giorni fa a Parma Lei ha detto che è possibile che una Sua Messa abbia influito anche su un caso successo 500 anni prima? Com’è possibile? Mi vuole spiegare?"
 
Rispondo volentieri.
Per capire meglio, anzitutto vorrei dire della circostanza in cui ho espresso quella idea: il 5 dicembre us sono stato invitato dalle Orsoline missionarie del S. Cuore, un’antica e gloriosa istituzione di Parma, a partecipare alla presentazione di un volume di Mario Spinelli «Sull’orlo dell’inferno» che, vero monumento storico, presenta la straordinaria storia di quell’istituto, nato quasi 500 anni fa, come consorzio di sole dame della nobiltà parmense (e tale durato fino al secolo scorso quando divenne vera e propria Congregazione cattolica dipendente dalla Chiesa), dedicatesi quasi a caso all’assistenza e all’educazione dei poveri e degli orfanelli, poi alle figlie della nobiltà e poi ancora ai bisognosi ecc. – quasi una ridda -, sostentate dai potenti della città (prima i Farnese, poi i Borbone) e dalle Case della città; un istituto sempre legato alla  Chiesa cattolica e alle regole e ai Padri della Compagnia di Gesù.
Sono stato invitato perché una di quelle Madri, mia sorella M. Pia, nell’emettere la Professione religiosa offerse la sua vita perché mi facessi gesuita. Il Signore la ascoltò, facendomi superare improvvisamente tutte le ostilità che avevo per quella vocazione e, a un certo punto, anche per il sacerdozio.
I  giorni che entrai in Noviziato, mia sorella appena laureata, anziché cominciare l’insegnamento, si ammalò e dopo una serie di malattie durate nove mesi (ogni tre mesi, completamente ignaro, avevo  fatto e ripetuto i mie Voti privati), mia sorella se ne andò in Paradiso. Ma ora sono qui, gesuita da oltre 60 anni e ho celebrato quest’anno il mio 50mo di Sacerdozio.
 
Nella mia relazione, approfondii il caso e chiesi se valeva  la pena che una giovane vita, promettente com’era nel campo dell’educazione, sacrificasse la vita – morendo - per una mia vocazione personale,  e non per la missione alla quale Dio l’aveva chiamata.
Domanda, come si vede, quasi sciocca, perché siamo nel mistero di Dio. Comunque, cercai di rispondere: sul piano della bilancia, da una parte quella vita non vissuta (per evidente accettazione di Dio) e dall’altra: 50 anni di Messe e oltre 60 di un’attività sacerdotale, chiaramente indicata da Dio, nel settore dei media e rispettiva educazione di grandi e piccini; attività complessa e sempre assistita dall’al di là del velo della morte: un po’ come la tematica del film LA STRADA di Fellini.
Rispondendo però a quella domanda, osservai che il valore di una Messa è “infinito” «ex opere operato» e non «ex opere operantis» (cioè dal valore di chi la celebra). Valore «infinito» vuol dire: al di fuori del tempo e nello spazio. Chi può dire (o negare), allora,che una o più della mie migliaia di Messe – cioè di un sacerdote non ancora nato, quindi non ancora celebrate - non siano state designate da Dio al fatto dal quale è nato l’Istituto, che cioè don Vario (fine ‘500) abbia trovato  la dama che accettò di ospitare la piccola Domenica sul marciapiede della Steccata ; oppure alla nuova missione «ad gentes» cui l’Istituto s’è di recente consacrato?
 Il fatto è che Dio e i Suoi piani sono fuori del tempo, perché Egli è l’”infinito” anche del tempo. Per Lui tutto è presente contemporaneamente: quella bambina che doveva essere accolta, ciò che sarebbe nato da quella accoglienza e una o più Messe celebrate da me per quel seguito di circostanze, legate in qualche modo all’accoglienza di quella bambina.
Ma dire così è un parlare da «finito» di un mistero che è da e ne l’«infinito»; un cercare di cogliere arcane connessioni logiche tra fatti umani e costatabili, che sono invece misterioso disegno della Provvidenza. Di una cosa noi, tutti e sempre, dobbiamo convincerci di esistere e di trovarci,  esistenzialmente, nel misterioso infinito Piano della Provvidenza.
 
Ma allora – mi si può chiedere – è inutile che p.e. facciamo dire una Messa per una qualche intenzione nostra? Direi proprio di no: non è inutile, proprio perché siamo in quel mistero dell’Infinito, possiamo essere certi che anche quella nostra intenzione viene considerata col suo peso di offerta; non solo, bensì anche di fiducia nella bontà di quell’Infinito, che tutto regge.
Che lo si voglia o non lo si voglia, siamo nell’Infinito, dove un filo d’erba è un prodotto divino attraverso le circostanze della natura; e dove ciascuno di noi, sempre attraverso la natura, è fatto a Sua immagine e somiglianza, con anima immortale.
E’ qualcosa di grande e, a pensarci bene, anche di gioioso; siamo tutti figli di Dio, quindi fratelli; e, come in una immensa massa di vasi comunicanti, dove ci sono tutti gli uomini, presenti, passati (i morti, i santi) e futuri, ciascuno sente e fa sentire su tutti il proprio influsso di bene (o di male). E’ qualcosa di immenso, come le stelle del firmamento, dove noi siamo lì, con i nostri atti di bontà che pesano in bene su tutti;  ma anche con i nostri atti di cattiveria, sbiancati, per così dire, dalla bontà di tutti. Purché siamo coscienti che questo è il nostro mondo; con i vantaggi , ma anche con la responsabilità concreta, per la nostra piccola parte, di tutto il mondo.
Di fronte ai grandi mali di oggi nel mondo (da Bin Laden alla Fiat), di cui tutti noi, in qualche modo siamo responsabili (p.e. ci siamo resi conto della verità? abbiamo pregato abbastanza? abbiamo fatto qualche sacrificio perché cessino i pensieri di male?) possiamo capire e dovremmo far capire che certo modo di agire (p.e. i”Disobbedienti”, i no-global, certi scioperi, ecc.) non fanno che aggiungere male al male e quindi allontanare, anziché avvicinare le soluzioni. Ma non avete sentito in una recente trasmissione tv affermare (sia pur fugacemente) che è incivile fissarsi sulla morale che risale a Dio? Cosa volete che salvino la pace o la conduzione civile persone di questo genere che possono per di più, diffondere queste idee?
La speranza, anzi la certezza, vive se ci ricordiamo che siamo nell’Infinito, interessato a che il mondo da Lui creato lo raggiunga nell’eternità beata. E tocca a ciascuno di noi.
 
Sempre a disposizione, cordialmente
 
P. Nazareno Taddei sj