Gli interrogativi sull'eterno

Da un settimanale italiano si riprendono alcuni interrogativi posti da un servizio assai roboante. E si risponde...

06/01/2004
Oggi, l'Epifania è  la festa della missione planetaria del messaggio di Gesù, perché i Re Magi rappresentano in qualche modo tutto il mondo, ben al di là di Betlemme e della sua grotta.
Ed ecco - e sembrerà strano -questa volta l'interrogativo, o meglio, gli interrogativi, li prendo fuori della cerchia dei miei lettori: gli interrogativi me li pone - una specie di Re Magi - il settimanale "Il Venerdì di Repubblica" del 2 gennaio 2004. Esso infatti nel servizio alquanto roboante "Scienza: le domande (e le risposte) che ci cambieranno la vita" pone "venticinque interrogativi per un anno", trattato ciascuno da un autore diverso, tutti stranieri, ovviamente come se nessun italiano fornisse sufficiente credibilità.
Considero qui solo quegli alcuni interrogativi che possono essere  oggetto di una "predica", come queste nostre, attinenti cioè la religione. I seguenti: "Gli animali sono più intelligenti di quanto pensiamo?", "I robot potranno mai avere una coscienza?", "La scienza può provare l'esistenza di Dio?", "Riusciremo a vivere per l'eternità?".
 
Ed ecco.
Circa l'intelligenza degli animali rimando alla prossima Predica, che ho già preparato per un signore che mi chiede circa quella sentenza d'un magistrato che afferma che anche i cani hanno un'anima.
 
Circa la coscienza dei robot, la risposta andrebbe meglio dopo la risposta al precedente interrogativo; ma la faccio lo stesso. Se per coscienza si intende l'uso della facoltà intellettiva propria dell'uomo, occorre negarlo decisamente. Ma se per coscienza - pur erroneamente - si intende la capacità di eseguire operazioni anche sofisticatissime che l'uomo riesce a tradurre in linguaggio-macchina, tali che un robot le possa ripetere sotto impulso dell'uomo stesso, la cosa è possibile; ma quel fatto di coscienza sarà dell'uomo e non del robot, il quale non sarà altro e sempre che l'esecutore tecnico e materiale di un sistema intellettivo.
 
Circa la domanda se la scienza può provare l'esistenza di Dio, rispondo subito e "ore rotundo" (a bocca rotonda, quindi quasi a voler gridare): "Sì" e ripeto "Sì"; e aggiungo: che razza di domanda è mai questa? Ma George Johnson che tratta quell'interrogativo fa capire che rispondere (come ho fatto io) non è poi così semplice, se "oggi, gli scienziati possono rispondere a quell'interrogativo, senza doversi rifare all'intervento di un Grande Architetto." Eppure nota lo Johnson: "Newton aveva pensato che per raggiustare il meccanismo sarebbe dovuto intervenire il Grande Architetto." Ma non tutti la fanno così semplice e, "alla fine, tutto risale al Big Bang. Ed è qui - è sempre Johnson che parla - che il ragionamento tocca il suo punto più debole. Che cosa causò l'esplosione primordiale?" Ludwig Wittgenstein, dice: "Su ciò di cui non possiamo parlare, si deve  tacere" e  Soren Kierkegaard pensa di "abbracciare la fede, saltando a occhi chiusi nell'abisso dell'ignoto, dopo aver scelto in cosa credere".
Il Big Bang creò assolutamente tutto, compreso lo spazio e il tempo. Ma come saltò fuori quel Big Bang senza qualcosa o qualcuno che lo facesse esplodere e, prima ancora, esistere? "La scienza non è preparata a dare risposta al problema del perché c'è qualcosa e non il nulla". E allora Johnson conclude: "Le risposte possibili a quel 'perché?' sono due: 'perché si, oppure: 'così ha voluto Dio'. Scegliete un po' voi."
Un po' facile cavarsela a quel modo, per paura che ti diano del bacchettone (ma intanto un po' di posizione secolaristica nei tuoi lettori l'hai diffusa, con piacere degli organizzatori di tutto quel servizio). Io però ho risposto decisissimamente "sì", proprio perché è la scienza, che con i suoi mezzi, ammette la validità del principio di causalità ("se c'è qualcosa, vuol dire che qualcuno o qualcosa l'ha fatto) e con i suoi ghirigori e girotondi dimostra di non sapere come e perché ciò è avvenuto: proprio perché quella risposta può (o deve) avvenire solo dal Grande Architetto che è un mondo superiore al suo e per il quale subentra la fede, che è un dono di quell'Architetto,  come la vita.
 
Circa la domanda se riusciremo a vivere per l'eternità, occorre dire subito che la domanda è ambigua; cioè: per "vivere nell'eternità",  si intende vivere in questa vita, senza il passaggio della morte all'eternità o vivere nell'eternità felice o infelice dopo la morte?
Se si intende (come fa senz'altro Gina Kolata a commento dell'interrogativo)  l'eternità in questa vita, c'è subito un altro equivoco da chiarire: il dr James Vaupel al quale si riferisce la sig.a Gina, parla di prolungamento della vita terrena, non di eternità. Quindi, di fatto, la risposta della sig.ra Gina Kolata non è valida, perché scambia "indefinito" con "infinito".
Ma allora il problema si sposta e diventa: è possibile che in qualche modo l'uomo diventi immortale e quindi entri nell'eternità senza il passaggio della morte?
Era la condizione dell'immortalità che Dio aveva posto all'uomo, ma il peccato di Adamo, per di così, ha sconvolto gli stessi piani di Dio, che ha decretato: "Ti guadagnerai il pane col sudore della fronte, fino a quando tornerai alla terra dalla quale sei stato tratto, perché sei polvere e in polvere ritornerai." Questo evidentemente si riferisce al corpo mortale col quale la nostra persona è stata creata.
Rispondiamo dunque: è certo che vivremo per l'eternità, ma dopo la nostra morte ed è altrettanto certo che un giorno o l'altro moriremo, ma non sappiamo né quando né come, perché la scienza potrà senz'altro migliorare e prolungare la vita, ma non sconvolgere il piano di Dio.
Si può chiedere: ma Dio potrebbe cambiare quel suo piano? Certamente sì; ma non spetta noi entrare in quel mistero.
 
Stando con i piedi per terra, osserverei piuttosto come un servizio giornalistico come quello che ci ha dato spunto per questa "predica" è un segno evidente - anche se forse inconscio - della campagna (certamente, alla radice, diabolica) di secolarizzazione, attraverso la confusione mentale, organizzata e perseguita attraverso i media sia cartacei sia informatici sia tecnologici.
S. Pietro ci esorta: "A ciò, resistete con forza nella fede".
 
Sempre a disposizione. Cordialmente.

 

P. Nazareno Taddei sj