La sublimità della resistenza al male - di P. Aldo Bergamaschi

Come comportarsi di fronte al male?

17/02/2007
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «A voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. (…) Non giudicate e non sarete giudicati, non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio». Vangelo: Luca 6,27-38
 
 
Mi limiterò a commentare due punti, dopo aver chiarito almeno la piccola frase «Amate i vostri nemici». Il cristiano non ha nemici e quindi bisognerà tradurre così: «Amate i nemici di voi». Ci sono i nemici di voi; se i cristiani sono odiati da chi cristiani non sono, deve essere esattamente perché essi sono fedeli a Gesù Cristo.
Prendiamo ora in esame la frase: «A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra». Voi sapete che questo è uno dei punti che divide il cristianesimo dal musulmanesimo e dalle religioni orientali. Non credo che questa frase sia di Gesù, questa frase è dell’evangelista - il quale ha voluto essere più realista del re - perché è in contraddizione con il comportamento di Gesù. Gesù nel pretorio, quando fu colpito dal quel giovane con uno schiaffo, (o bastonata sul setto nasale, ne abbiamo un riscontro sulla Sindone) ha forse porto l’altra guancia? No, cosa dice Gesù a quel giovane? «Se ho detto male tu me lo dimostri», mio Dio, abbiamo davanti un cervello, ed è quello che dobbiamo usare e in questo esempio troviamo la teoria e la pratica della resistenza al male. Quella notte credo che il ragazzo non avrà dormito pensando alle parole di Gesù.
Prosegue Gesù: «Se poi ho detto bene, perché mi percuoti?» questo perché è tremendo! Dunque si deve dare un motivo all’azione se si è un essere razionale.
Egli si comporta diversamente, si comporta come deve comportarsi un cristiano di fronte alla violenza e questo non ci deve sfuggire, infatti, è venuto al mondo esattamente per denunciare il male della natura umana e per vedere di integrarlo con la sua dottrina
Se Gesù non si fosse comportato in quel modo allora francamente si potrebbe dire: sì l’ha detta Lui quella frase, ma i suoi comportamenti sono radicalmente diversi, in ordine con tutto ciò che troviamo nel testo evangelico è cioè la sublimità della resistenza al male.Qui comincia la sua opera di medico degli uomini, Gesù non é inerte, prende l’iniziativa, procede. Ecco la magna carta della resistenza al male.
Domando a quelli che conoscono la storia della Chiesa: è mai successo che i cristiani- ufficialmente intesi - abbiano mai porto l’altra guancia? Storicamente mai nessuno ha messo in pratica l’affermazione, la si proclama e non la si pratica. Il male non può mai essere lasciato passare e anzitutto va fermato nel pensiero con il logos, nei fatti con il martirio.
Ecco l’interpretazione di due personaggi di fronte al male.
Confucio: «In questo mondo come ricambieremo gli stessi benefici? Si deve pertanto rendere la pariglia a chi ci odia, usando equità e moderazione, e i benefizi ricambiarli con altri benefizi», in ciò, c’è una certa saggezza e moderazione, e sarebbe già un piccolo passo.
Komeini: «Accetto molto della morale cristiana, ma non quella di porgere l’altra guancia, perché lascerebbe libero campo al violento». Già, il violento è sempre l’altro, a Komeini gli andava citato il comportamento di Gesù nel pretorio.
 E ora passiamo al: «Non giudicate e non sarete giudicati». In questa frase, che viene ripetuta spesso dalla Chiesa e in tutta la sua storia, troviamo però dei giudizi continui,
Vediamo di chiarire. Quale è il giudizio proibito? Non il giudizio di fatto, ma il giudizio di essenza o irreformabile. Quando Gesù dice: «Andate a dire a quella volpe» (che era poi Erode), questo è un giudizio o no? É un giudizio di fatto, guai a noi se fosse proibito il giudizio di fatto.
Se vedo uno che ruba debbo dire che sta rubando e questo è un giudizio di fatto. Dire invece che quello è un ladro, sarebbe il giudizio di essenza. Se noi avessimo la proibizione di emettere il giudizio di fatto non saremmo nemmeno più in grado di distinguere il bene dal male.
I giudizi di fatto hanno il compito di richiamare colui che commette l’errore alla possibilità della conversione, mentre invece, il giudizio di essenza sarebbe un giudizio che la blocca definitivamente, per cui, questo giudizio, sarà dato solo alla fine, non durante l’esistenza, perché l’uomo è un essere diveniente e ne vediamo l’esempio con l’episodio del buon ladrone nel Vangelo.
Il giudizio di essenza che crea qualche problema, è il giudizio che Gesù dà a Giuda: «Meglio sarebbe per lui se non fosse mai nato», ma lo dà a chi è già collocato nella decisione, non l’avrebbe dato quando era ancora vivente. Da vivente gli disse: «Tu con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo». Sarebbe la denuncia del male nel tentativo di riscattare colui che lo fa, ma qui la sorte era conclusa: meglio per lui se non fosse mai nato.
Gesù si rivolge all'io, alla coscienza ove nascono le azioni, da qui nasce l’apertura del cristiano che si interroga sul nemico storico, si interroga sulla legge del profitto, su ciò che vuol dire giudicare, e poi si interroga su ciò che vuol dire porgere l'altra guancia, quando dovessero scatenarsi correnti di violenze dentro a una società entro a cui egli si trova inserito per forza. (P. Aldo Bergamaschi)