L'eutanasia - di P. Lorenzo Giordano sj

La pietà di chi vuole alleviare il dolore ai malati giustifica il procurare la morte?

03/03/2007
Mi chiamo Padre Lorenzo Giordano, Gesuita, 80 anni compiuti, residente attualmente a Sanremo. Con Padre Nazareno Taddei [il fondatore di questo sito, NdR] ho trascorso assieme, a La Spezia, come suo Superiore, sei anni con tanta amicizia e stima, ed ho potuto essergli vicino anch’io, ricevendone grande edificazione negli ultimi mesi del suo pelle­gri­naggio terreno verso la Patria Celeste.
 
Gabriella [segretaria di P. Taddei, NdR] mi ha inviato alcune domande a cui Padre Nazareno Taddei avrebbe avuto piacere di rispondere:
“C’è chi propone l’Eutanasia come forma estrema di carità.
Lei che ne pensa? E la Chiesa? E che ne dice del testamento Biologico?
Il caso Welby. È suicidio? Ha fatto bene la Chiesa a rifiutare il funerale religioso?”
 
Inizio a rispondere alla prima, seconda e terza domanda. Alle altre in un secondo tempo.
Come Sacerdote Cattolico non posso che rispondere col magistero della Chiesa.
Vorrei sia chiara, anzitutto, la definizione di “Eutanasia”.
Il Cardinale Elio Sgreccia, Presidente della Pontificia Accademia “Pro Vita”, scrive sul Corriere della Sera, martedì 22 gennaio 2007: “I Documenti principali del magistero, sia la “Dichiarazione sulla vita” che “L’Evangelium Vitae”, definiscono L’Eutanasia “Una azione o una omissione che per natura sua o nell’intenzione di chi la compie, provoca la morte con l’intuizione di alleviare il dolore. (Ev. Vitae, 65).
Si sa che anche la gravità morale dell’Eutanasia omissiva è uguale rispetto a quella positiva di intervento o gesto, e che causa la morte: L’una equivale all’altra dal momento che provocano lo stesso effetto e procedono dalla stessa intenzione.
Si tratta sempre di morte provocata intenzionalmente. Se accettassimo che l’eutanasia si configura soltanto quando è il risultato di un gesto che causa positivamente la morte, vuol dire che tutto ciò che mira a causare la morte per sottrazione di intervento (per es. sottrazione di cibo o una intenzionale mancata rianimazione) non sarebbe eutanasia e così anche il rifiuto intenzionale delle terapie valide non costituirebbe un problema morale.
Il che certamente non corrisponde ai testi del Magistero e della Dottrina Cattolica.
Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica precisa
Al n. 471: “Le cure che d’ordinario son dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. Sono legittime, invece, l’uso di analgesici non finalizzati alla morte e la rinuncia all’accanimento terapeutico, cioè l’utilizzo di procedure mediche proporzionate senza ragionevole speranza di esito positivo.
Il Catechismo degli adulti della Conferenza Episcopale Italiana. “La Verità vi farà liberi” così si esprime:
1033): Disordine delittuoso è anche l’eutanasia vera e propria, che consiste nella soppressione del dolore, direttamente voluta, di una vita giudicata non più degna di essere vissuta a motivo di qualche malattia dolorosa inguaribile. Un eventuale sentimento soggettivo di pietà in colui che la compie non potrebbe cambiare la qualità morale negativa.
1034): Non vanno però confuse con L’Eutanasia le cure terminali che mirano ad alleviare il dolore, anche se indirettamente possono a volte abbreviare la vita. Esse sono lecite per motivi proporzionati, non bisogna comunque dimenticare che l’esito migliore per i morenti rimane l’accompagnamento personale, pieno di carità e di speranza. Un volto ed una mano amica non possono essere surrogati dalle apparecchiature sofisticate.
Il Papa, nel messaggio del saluto di mezzogiorno, letto dalla finestra dello studio nel “Giorno della Vita”, ha fatto questi richiami a riguardo del misterioso dono della vita”: La vita che è opera di Dio, non va negata ad alcuno, neppure al più piccolo ed indifeso nascituro, tanto meno quando presenta gravi disabilità. Invito a non cadere nell’inganno di pensare di poter disporre della vita, fino a “legittimare l’interruzione, con l’eutanasia, magari mascherandola con un velo di pietà” risposta chiara alla domanda “come forma estrema di carità”.
Il Papa, quando parla di “velo di pietà” si riferisce alla falsa pietà, la “Pietà mascherata che può far breccia sull’opinione pubblica anche fra i Cattolici: Il cosidetto “Buonismo”, la commiserazione a basso prezzo, che non costa niente a nessuno.
La pietà autentica comporta rispetto per la persona umana, richiede: “Un serio ed intelligente investimento di scienza medica che rispetta pienamente il diritto all’inviolabilità della vita umana, diritto vincolante a chiunque appartenga alla “Famiglia Umana”.
Papa Benedetto XVI nel messaggio per la XV Giornata Mondiale del malato, diceva: “Desidero incoraggiare gli sforzi di quanti operano quotidianamente per garantire i malati incurabili, e quelli che si trovano nella fase terminale insieme alle proprie famiglie, affinché ricevano una assistenza adeguata ed amorevole.
“Ora mi rivolgo a voi, cari fratelli e care sorelle che soffrite di malattie incurabili, e che siete nella fase terminale.
Vi incoraggio a contemplare le sofferenze di Cristo Crocefisso, e in unione con Lui a rivolgervi al Padre con totale fiducia nel fatto che tutta la vita, e la vostra in particolare, è nelle Sue Mani. Sappiate che le vostre sofferenze, unite a quelle di Cristo, si dimostreranno feconde per le necessità della Chiesa e del mondo. Chiedo al Signore di rafforzare la vostra fede nel Suo Amore, in particolare durante queste prove che state affrontando. Spero che ovunque voi siate troviate sempre l’incoraggiamento e la Forza Spirituale a nutrire la vostra Fede a condurvi più vicini al Padre della vita. Attraverso i Suoi sacerdoti ed i Suoi collaboratori, la Chiesa desidera assistervi e stare al vostro fianco, aiutandovi nell’ora del bisogno e quindi rendendo presente l’Amorevole Misericordia di Cristo verso chi soffre.”
E con questa mia iniziale “composizione” termino per ora, riservandomi di continuare ad approfondire in seguito l’argomento e rispondere alle altre domande.
Cordiali Saluti. (Padre Lorenzo Giordano sj)