La parabola del fico sterile - di P. Giuseppe Pirola sj

La conversione come elemento necessario e fondamentale per entrare nel Regno dei Cieli

24/03/2007
Come ricorderemo, Gesù aveva annunciato fin dall’inizio della sua vita pubblica e della sua missione, che cosa era venuto a fare in questo nostro mondo, con le celebri parole: il Regno di Dio è venuto; convertitevi e credete a questa buona notizia che vi porto. Quando però Gesù voleva spiegare ai suoi uditori che cosa fosse il regno di Dio, anzi il mistero del regno di Dio, una cosa difficile da capire per i suoi uditori, raccontava una parabola. Diceva: c’era una volta un seminatore, c’era una volta una donna povera che aveva perduta una delle dieci monete che aveva ecc. Prendeva cioè spunto dalla vita quotidiana per dire a chi lo ascoltava la cosa di cui parlava per sollecitare la loro attenzione e stimolarli a cercare di capire che quel che proponeva loro, il regno di Dio, un mondo del tutto diverso da quello in cui vivevano.
Era accaduto che Pilato aveva fatto uccidere dei Galilei che stavano celebrando dei sacrifici; e una torre era crollata a Siloe, un quartiere di Gerusalemme, facendo diciotto vittime. I due avvenimenti avevano fatto scalpore e alcuni si rivolsero a Gesù e gli chiesero: quella morte violenta e quella disgrazia era un castigo divino, il segno di una punizione divina per i peccati che quelle persone avevano commesso? Gesù rispose, prima di tutto, che quegli uomini non erano più peccatori di altri galilei, o di altri abitanti di Gerusalemme. Disse cioè: che anche loro appartenevano come tutti alla categoria dei peccatori, e invece che stare a pensare al giudizio di Dio su quelle povere vittime, disse quel che dovevano fare, convertirsi. E raccontò la parabola del fico.
C’era una volta un signore che aveva piantato un fico nella sua vigna; venuto a vedere se c’erano frutti, non ne trovò. Disse allora al suo contadino: sono tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico e non ne trovo; taglialo, perché occupa solo spazio. Il contadino gli rispose: signore, lascialo ancora per quest’anno; io zapperò la terra attorno alla pianta, butterò del letame; se farà frutto, bene, se no l’anno dopo lo taglierai.
Il significato nascosto della parabola sarà stato capito dagli uditori? Vediamo di capirlo noi, perché la parabola contiene due messaggi. Da un lato il padrone che non trova fichi sull’albero dice al contadino di tagliarlo. Ma dopo avere ascoltato il contadino, rinvia la decisione nella speranza che il lavoro del contadino renda finalmente fertile il fico.
La parabola, come tutte le parabole, parlano, come abbiamo detto, del Regno di Dio. Il regno di Dio altro non è che il processo iniziato e inaugurato da Gesù stesso, di liberazione degli uomini dai loro peccati e dal pensiero della morte, come destino che azzera ogni senso di una vita intera; un processo che ha la sua meta ultima nel regno di giustizia che liberi il mondo dalle ingiustizie inferte e subite gli uni contro gli altri; un regno di pace che liberi gli uomini dall’odio e dalle violenze mutue piccole e grandi, un mondo in cui gli uomini possano vivere da figli di Dio e fratelli tra loro.
Ma Gesù non è un sognatore; non è un utopista buonista, che fa esortazioni invitando chi lo ascolta a sognare insieme a lui, a fantasticare quanto sarebbe bello il mondo se non fosse quello che è, a cercare soddisfazioni illusorie o compensazioni oniriche di desideri impraticabili. Gesù invita a fare ciò che è necessario per liberare il mondo dai peccati, per realizzare la fraternità umana e non confinarla nel mondo delle bellissime cose tanto desiderate quanto impossibili. Questo è il peccato che Gesù denuncia, il peccato di chi sogna o di chi è convinto che il mondo così come è non lo cambia nessuno perché è impossibile cambiarlo, di chi passa la vita tra sogni e delusioni, vive da rassegnato o da rinunciatario o da pessimista che si ritiene un realista; e non fa niente quindi per cambiare il mondo. Questo è il peccato che disattiva il desiderio di cambiare il mondo e rende refrattari perfino l’annuncio della buona notizia del regno data da Gesù, cioè che è possibile cambiare il mondo. Ma rende sterile anche la vita di queste persone. Di conseguenza Gesù invita a convertirsi, a liberarsi da questa mentalità che rende peccatori cioè refrattari all’invito di Gesù a seguirlo e a collaborare attivamente con lui alla venuta del regno di Dio in questo mondo. Chi non si converte, è come il fico: la sua vita è sterile, e lo è perché non si converte e non crede, tanto meno collabora alla venuta del regno di Dio.
Alcuni giungono persino a d attribuire la sterilità al regno di Dio adducendo a prova l’insuccesso della Chiesa, presente nel mondo per continuare la missione di Gesù. La parabola dice al contrario che il regno di Dio non porta frutti nell’umanità perché gli uomini non si convertono, non credono che si possa cambiare il mondo nel regno di Dio e non partecipano perciò attivamente al processo di liberazione del mondo iniziato e inaugurato da Gesù. Essi non ascoltano la parola di Gesù che li invita a convertirsi, a liberarsi dai loro pensieri sull’impossibilità di cambiare il mondo in regno di Dio che rende sterile la loro vita e impossibile per causa anche loro il venire del regno tra gli uomini.
La parabola invia a questi uomini due messaggi. Il primo è: il fico sterile verrà tagliato; le vite umane sterili e che impediscono la trasformazione del mondo che c’è nel regno di Dio, perché non vogliono convertirsi, saranno giudicate e condannate da Dio. Il regno di Dio si compirà e loro rimarranno tagliati fuori dal Regno. La proposta di Gesù chiede una decisione personale, se accettare o meno di associarsi al Regno; la prima decisione è appunto la conversione, la revisione dei propri giudizi sul mondo necessaria per poter accogliere la buona notizia data da Gesù con l’annuncio del Regno di cui egli è l’iniziatore e il protagonista, a tutto vantaggio di chi l’accoglie, per sé e per gli altri.
Il secondo messaggio è: il giudizio di Dio che condanna chi non si converte non è eliminato; è solo rinviato. Se si ha cura del fico come fa il buon contadino, che zappa la terra, sparge il letame attorno all’albero, il fico porterà i suoi frutti. Dio rinvia il giudizio e spera ancora nella conversione del peccatore. Ma la parabola contiene un avvertimento finale, che il peccatore da sé o con l’aiuto di altri, si disponga attivamente alla conversione, a realizzare quelle condizioni da cui dipende la decisione di convertirsi, il credere che è possibile cambiare il mondo che c’è e iniziare una vita feconda di frutti buoni per sé e per gli altri. Il giudizio divino di condanna è rinviato; c’è tempo dunque per convertirsi, ma la conversione urge. (P. Giuseppe Pirola sj)