Chi prega si salva - di Don Adelio Cola

Per un lavoro che diventa preghiera

15/12/2007
Chi prega si salva”: è conosciuta questa sentenza, molti l’hanno ascoltata dalle omelie delle messe festive.
È vero ma, per fortuna, anche il lavoro è preghiera!” 
Sì, purché il lavoro non sia un alibi.
Io lavoro, perciò prego”.
Un momento; distinguiamo senza confondere due realtà diverse.
Lo dite voi preti che chi lavora prega!”
Dobbiamo essere chiari e semplici, per farci capire, ma non semplifichiamo tutto con uno slogan.
Anche il lavoro diventa, non è!, preghiera, SE è onesto e fatto con spirito di fede e carità cristiana.
Il beato Giovanni XXIII, il «papa buono», in un’udienza agli operai ha insegnato loro come pregare. «Voi, disse, avete famiglia e lavoro, non avete molto tempo per pregare. Offrite al Signore ogni mattina il vostro lavoro e ogni tanto pensate a Lui affinché benedica la vostra famiglia. Questa è preghiera».
Tutti abbiamo molte cose da fare durante la giornata e qualche volta dimentichiamo l’ammonimento rivolto da Gesù a Marta: «Tu ti preoccupi di troppe cose!» 
Mettiamo in pratica la lezione del papa buono e il lavoro diventerà preghiera.
È proprio vero, però, che non riusciamo a trovare nelle 24 ore della giornata qualche minuto per dedicarci alla preghiera? Non sono andate fuori moda, almeno per i cristiani di buona volontà, le preghiere del mattino e della sera. Le avete dimenticate? Non è un buon motivo per non pregare. Come si fa? È semplice: si cerca, se è possibile, un angolo della casa, in camera da letto o in cucina, si spegne la radio e la tele, si fa il segno della croce e, guardando l’immagine sacra, se c’è!, si dice: «Signore, ti ringrazio di tutto quello che ci hai dato e ti prego di aiutarci oggi a vivere bene».
Soltanto così? Incomincia così, intanto. Poi prendi il caffè, fai la colazione e intanto pensa: «Grazie, Signore, della colazione!»
Mentre vai al posto di lavoro: «Signore, ti ringrazio che mi dai il lavoro! Aiuta quelli che non ce l’hanno».
Ad un certo punto suona il segnale di fine lavoro: «Grazie, Signore, che posso tornare in famiglia!»  
«Allora, scusi, è tutta una tiritera che non finisce mai!» Non una tiritera, è preghiera. È un modo per mettere in pratica la raccomandazione che San Paolo faceva ai primi cristiani: «Conviene pregare sempre!» Ogni occasione è buona e un poco alla volta si prende l’abitudine di rivolgersi a Dio per ringraziarlo della vita e di tutti i beni che ci ha dato.
All’inizio questa pratica può sembrare roba da suore. Quando ci si è abituati, ci si accorge che è meglio «vivere in due (io con Dio) che soli». (Don Adelio Cola)