Pentecoste: la festa della mietitura - di Mons. G.B.Chiaradia

Nel giorno dello Spirito Santo, una riflessione sulla bestemmia più grave

22/05/2010
La Pasqua è passata, siamo alla festa della Pentecoste.
Da antica data, come riporta il libro biblico del Levitico 23,15, dopo sette settimane dal giorno in cui inizia la mietitura dell'orzo, ricorre «la festa delle settimane» o Pentecoste: siamo al cinquantesimo giorno dalla Pasqua. Nel libro dell'Esodo 23,16, questa festa delle primizie è detta della «mietitura» in quanto coincide con la mietitura del frumento (Es. 34,22). In Israele, poi, viene collegata alla storia della salvezza, diventando la festa della Torah (la legge). Per completezza, in autunno, ricorre la festa delle capanne (Lev. 33,23), in ricordo della raccolta delle olive e dell'uva, chiamata anche del raccolto e considerata la più grande fra quelle di pellegrinaggio.
Sarebbe bene riprendere anche noi cristiani queste feste di ringraziamento dei frutti della terra.
Nei primi secoli cristiani la Pentecoste venne storicizzata come giorno commemorativo della promulgazione della legge del Sinai. E proprio alla prima Pentecoste, dopo la morte e la resurrezione di Gesù, lo Spirito Santo discese in forma di lingue di fuoco sulla prima comunità cristiana: tutti furono ripieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in lingue straniere, come riporta il libro degli Atti degli Apostoli (2,1-4).
Il prodigio della Pentecoste viene spiegato in molti modi.
Gli esegeti moderni spiegano il fatto come prodigio negli ascoltatori, provenienti da regioni diverse con linguaggi propri, che capivano perfettamente il linguaggio dei discepoli di Gesù. Il miracolo era negli auditori. Che i discepoli venissero ritenuti ubriachi, come attestano gli Atti degli Apostoli, (2,13) non dimostra che essi pronunciassero suoni diversi incomprensibili o incoerenti, ma che parlassero con grande animazione (Atti 26,4). Anche Paolo parla con tanta animazione che sembra fuori di sé. Il miracolo delle lingue è da separare dalla cosidetta «glottologia», come studio di lingue orientali e classiche: si tratta di un fatto che può avvenire anche nel nostro tempo, di cui, forse siamo stati partecipi: persone che si esprimono in una situazione di estasi o di sogno, oppure in termini esclusivamente poetici tanto che l'uditore ne afferra un suo proprio significato.
Non solo nella vita dei Santi, ma anche dei poeti, specialmente antichi, avviene il discorso estatico. E non tutte le terzine di Dante sono perfettamente comprensibili: ma ne senti il fascino!
Molti critici vedono nell'evento della Pentecoste il fatto che i discepoli, la cui lingua materna era l'aramaico, parlavano, senza averle studiate, in lingue straniere così che potevano essere capiti nei villaggi di lingue diverse.
In concreto studi archeologici dimostrano che, nella zona, il prodigio pentecostale era stato avvertito ampiamente.
Nel Nuovo Testamento lo Spirito completa l'essenza della persona.
Nel Vangelo di Luca (4,1) si narra che Gesù, dopo il Battesimo, «pieno di Spirito Santo» si allontanò dal Giordano. Dal passo parallelo di Marco (1,12) si può dedurre che nella tradizione più antica appariva una concezione più dinamica: lo Spirito, come una forza personalizzata, sospinge Gesù nel deserto. In Luca abbiamo un'altra concezione: nel Battesimo, con un atto peculiare, lo Spirito viene conferito a chi lo riceve come una forza straordinaria e durevole.
Paolo è convinto che l'uomo si trovi in questa alternativa: «o porta i frutti dello Spirito, o compie le opere della carne» (Gal. 5,19-22).
Concludendo. La bestemmia, se la persona si pente, può essere perdonata: la bestemmia contro lo Spirito Santo non può mai essere cancellata (Mc. 3,28-29).
 
Mons. Giovanni Battista Chiaradia