Fatti, parole, azioni - di Mons. G.B. Chiaradia

Il divino nella vita quotidiana

27/11/2010
Fatti, parole, azioni dell'orrore. Non c'è giorno senza paura: guerre sempre vive ed operanti non solo negli Stati, ma nelle famiglie, nelle amicizie spezzate…, dove il sano e il sicuro dovrebbe imperare.
Abbiamo fin troppo indugiato sul male, non tanto per cronaca, ma per evidenziarlo al massimo tanto da vincerlo, distruggerlo. Bisogna pregare di più, pregare con i bambini, così la preghiera diventa leggera e sale maggiormente a Dio. Non è poesia, è un pensiero ancestrale: i bimbi sono come gli angeli, attorno al trono di Dio.
Parliamo dell'Infinito, dell'Assoluto con i termini della nostra letteratura; ma col pensiero siamo capaci di entrare nelle zone dell'infinito con la regola degli antichi monaci: il silenzio.
Un quarto d'ora di silenzio ogni mattina, con i bimbi davanti, per lasciar parlare il divino?
È questa la vera preghiera ed è anche tanto facile. Diventa un abito mentale. Non si esce di casa senza quel quarto d'ora o dieci minuti, o cinque di incontro con l'Infinito e il sacro. È il sistema della preghiera che non domanda niente, anzi, ascolta solo.
I monaci, che sono i fautori di questa preghiera, hanno avuto dal Signore non solo la custodia del sacro, ma anche una cultura che ha invaso le menti di un Dante, di un Petrarca, di un Ariosto, di un Manzoni nella sua Resurrezione, che lui ha avvertito in se stesso.
Venendo all'oggi: tu, in ufficio, quando suona il mezzogiorno e ti fai il segno della croce, sei preso in giro? Forse qualcuno farà il sorrisino, abituato solo al "pesante" e all'"orizzontale", ma gli altri, anche atei, ma razionali, ti considerano persona saggia, capace dell'impegno che hai.
D'ora in poi parleremo di parole, oggi in disuso, come "degno, dignità" di fronte alle quali misureremo la posizione del nostro operare rapportandola alla "gloria" riservata solo a Dio.
Giovanni, nel suo Vangelo (17,14 ss.), definisce l'umanità redenta con l'espressione: "Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché non sono del mondo, come io non sono del mondo". "Non essere del mondo" non significa che la persona non debba seguire le regole del quotidiano, anzi le deve elevare nel divino. Sono i sacramenti del Battesimo, Cresima, Matrimonio che elevano l'io umano, la persona, al divino.
Il "divino" va inteso al massimo della limpidezza etica-morale che aggiunge alla limpidezza morale un tocco soprannaturale.
Nei tre sacramenti deve imperare il "sacro", non solo il pulito. Il vocabolo stesso "Sacramento" traduce il greco "Musterion" = mistero e conduce la mente dell'individuo a puntare in alto in un atteggiamento morale ineccepibile che dona alla persona, anche atea, una memoria costante di severità ed elevatezza nel quotidiano.
In particolare il Battesimo è la memoria del mistero del concetto di vita nel senso laico: nel significato cristiano non siamo solo figli del tempo, ma figli di Dio.
La Cresima è la cultura, il sapere, la lotta contro l'ignoranza, terribile male di tutti i tempi: il conoscere, il sapere dona all'individuo il vero concetto di persona alla quale ci si può rivolgere per un confronto.
Nel senso divino la Cresima è la compagna dello Spirito Santo; nella devozione allo Spirito Santo la persona si eleva al massimo del dire e del sapere.
Il Matrimonio è la vita che non dipende solo dalla scienza dei cromosomi, ma dal mistero di Dio.
Il bimbo che con le manine giunte recita la preghiera dell'Angelo custode "illumina, custodisci…" ricorda a te, papà e mamma, che ci sei perché Dio c'è.
A disposizione.
Mons. Giovanni Battista Chiaradia