DON GIOVANNI BOSCO

...In quel tempo, Gesù, ... insegnava ...

29/01/2012

In questa ultima domenica di gennaio è divenuta quasi una tradizione ricordare un grande santo, San Giovanni Bosco (31 gennaio), che per chi scrive è, con gioia e onore, Padre e Maestro per averlo accettato tra i suoi figli che vogliono vivere anche oggi il suo carisma: dare la vita per i giovani.

Trovo nel Vangelo che viene proclamato nella liturgia di questa domenica una espressione che mi ha molto colpito proprio pensando a Don Bosco si afferma, infatti, nel Vangelo di Marco che: “In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi”.

Cosa vuol dire insegnare con autorità? Scrive un commentatore: “Il sabato Gesù era solito recarsi nella sinagoga a Cafarnao, città di Pietro, in cui poteva appunto insegnare, poteva svolgere questo compito.

Però lo svolge in un modo particolare; non è tanto il “contenuto” dell’insegnamento, anche quello in alcune occasioni, ma più che altro qui è il “modo” che colpisce chi ascolta. Gesù insegna “con autorità”.

Credo che una prima riflessione sia da fare proprio su questo: Gesù non è un maestro come tanti altri, Gesù non dobbiamo intenderlo, anche nella nostra vita, come un insegnante tra tanti, ma il fatto che Cristo insegna con autorità, cioè con autorevolezza, vuol dire che ciò che Lui dice corrisponde alla verità più intima di noi stessi, alla verità del nostro cuore: troviamo quindi una corrispondenza.

Perché quegli uomini si sono stupiti?

Perché vedevano nell’insegnamento di Gesù la stessa forza di Dio, la stessa forza della Parola di Dio.

E ciò che Cristo diceva corrisponde, si sente una sintonia con ciò che sono le attese dell’uomo. Però lo stupore da solo non basta”.

Ecco pensando alla vita, affascinante appunto, di don Bosco sono sempre rimasto colpito dal fatto che era un prete tra i tanti nella diocesi di Torino.

Appena ordinato era alla ricerca di come vivere il suo sacerdozio e di come inserirsi nella vasta Chiesa Torinese, seguendo principalmente le modalità ordinarie: seguire quello che il Vescovo e i suoi collaboratori gli avrebbero indicato, affidandogli certamente un incarico e un luogo dove esercitare il suo sacerdozio, che era appunto la vocazione che aveva seguito sin da ragazzo.

Mi pare che gli avessero già assegnato un incarico pastorale, quando il suo direttore spirituale, che era Don Cafasso, Santo anche lui!, si intromise in questo discernimento dicendogli che lui non doveva lasciare Torino perché doveva preoccuparsi delle centinaia di giovani in difficoltà e abbandonati da tutti, che vivacchiavano sulle strade e nelle piazze della città, cercando un lavoro che quasi mai riuscivano a trovare con dignità e continuità e che spesso, umiliati e arrabbiati, si abbandonavano al peggio e alla delinquenza spicciola che poi li portava a finali tragici e disastrosi.

E quel prete, fra i tanti, si sentì infiammare il cuore: quelle parole gli sembrarono venire dal cielo.

Le aveva sognate a nove anni, le aveva seguite e approfondite, facendole diventare da sogno una realtà progettuale della sua vita; le teneva nel cuore e in tutti le occasioni che la vita gli presentava, giorno dietro giorno, come qualcosa che lo spingeva e lo provocava sistematicamente …

Ma non riusciva a capire come seguire quel fuoco che portava dentro e che aveva fatto cresce e maturare coraggiosamente in tutta la sua giovinezza, la lunga e faticosa formazione e, infine, la maturità raggiunta e pronta a buttarsi là dove chiaramente il Signore lo chiamava.

E si buttò, con tutta l’anima e con tutte le sue forze.

E incominciò a “predicare” a quei giovani e giovinastri, disprezzati e malvisti dalla gente e so-prattutto dalle autorità e dai cultori dell’ordine e della pulizia sociale.

Ed ecco il miracolo di Gesù che si ripete nel suo discepolo, meravigliosamente!

Quei ragazzi (o ragazzacci di strada) lo ascoltavano … lo seguivano … gli si affezionavano … lo difendevano … lo ricercavano … lo ascoltavano come uno che parlava loro con autorità!

Essi sentivano nelle sue parole, provocazioni, scherzi e attrazioni non solo un tentativo di abbindolarli, di assoggettarli, di raggirarli e portarli a fare quello che lui voleva, per suoi fini e vantaggi: essi sentivano, soprattutto e principalmente, un cuore che stravedeva per loro perché si sentiva accanto a loro e alle loro sconfitte e delusioni.

Sentivano che le parole di Don Bosco si trasformavano per incanto in proposte di vita, in propositi di vita nuova e diversa, in orientamenti di vita da progettare e da realizzare con coraggio.

Sentivano che non era un illusionista che li voleva imbrogliare e imbrigliare, ma in lui sentivano il cuore di un padre che batteva forte forte per dei figli in sofferenza e sfortunati, che non avevano più la fortuna e la gioia di avere un padre che li amasse e si prendesse cura di loro!

Capivano che quel prete parlava con autorità perché sapeva, in carne propria, cosa volesse dire essere orfano da sette anni e non aver avuto la gioia di essere amato e accompagnato dall’amore forte di un padre accanto al formidabile amore di mamma Margherita che, nel suo caso, aveva sapientemente supplito a questa drammatica assenza.

Poi impararono che Don Bosco parlava loro e li accompagnava con autorità perché insegnava ciò che credeva in modo trasparente.

Non solo, ma per ciò che credeva aveva il coraggio di mettersi contro tutto e tutti, a costo di ri-metterci faccia e fama .... preso per matto o imprudente o irresponsabile dai suoi stessi colleghi sacerdoti e uomini prudenti e saggi che lo controllavano a vista … come fosse pericoloso!

Don Bosco per i suoi ragazzi, e furono migliaia e migliaia, stravedeva sì, ma, quello che insegnava e diceva loro, lo viveva coraggiosamente in prima persona, sino alle estreme e coraggiose decisioni.

Insomma Don Bosco, insegnando a tanti giovani a vivere e a formarsi onesti cittadini e buoni cristiani, con l’autorità che affascinava e conquistava, mostrava indiscutibilmente (“con autori-tà”) il coraggio supremo di rinunciare ai propri interessi e guadagni, di pagare di persona con sacrifici e sofferenze e soprattutto di dare la sua vita totalmente per loro: i “suoi figli e i suoi giovani” che, spirando, disse ti attendere tutti in paradiso!

E non sono solo parole, se il medico che lo visitò dopo la morte, affermò che il corpo di don Bosco era completamente consumato!

gigidilibero@gmail.com