L'UOMO NEL MONDO... di mons Giovanni Battista Chiaradia

…che cosa è l'uomo, qual'è il senso della nostra vita...

09/02/2014

Da tempo si parla di “situazione”, del rapporto cioè dell’uomo nel mondo e col mondo, nel senso che non soltanto limita e condiziona, ma fonda anche e determina le possibilità umane.

E’ vero, dice Jaspers, che la “situazione”, in quanto tale, è un’arma a due tagli: incita ed ostacola e, inevitabilmente, limita e distrugge, è infida e insicura.

“Esserci”, termine del filosofo Spaventa, di Hegel e specialmente di Heiddeger per designare l’esistenza propria dell’uomo, “l’essere dell’uomo nel mondo”, (sentirsi parte del mondo) è il tema fondamentale del Cristo che va per strada per “esserci” non solo con le parole, ma con i fatti. Lui, il Cristo, non sta a guardare il poveretto anchilosato per terra, ma gli intima: “Alzati e cammina” E lui si alza e cammina. Qui i discorsi non ci sono, ci sono i fatti.

Oggi, addirittura, si profetizza la morte dell’uomo: dopo i campi di sterminio di mezzo secolo fa, abbiamo ancora i genocidi, gli etnocidi, le carestie, il sottosviluppo, la prospettiva di una guerra atomica, inquinamenti mortali, la droga entrata anche negli asili. Anche la tecnica fa paura: addirittura c’è la prospettiva della costruzione di un universo meccanizzato. Non c’è più bisogno di un personaggio, basta una essere qualsiasi, una scimmia, anzi un bottone, un pulsante, un robot.

L’”esserci” è ciò che definisce il Cristo con il Suo corpo. E’ il tema principale del Cristianesimo. Il filosofo Heiddeger non avrebbe mai pensato che il suo “esserci” è proprio la definizione del Cristo.

Penso che bisognerà tornare indietro, al Concilio vaticano II°: nella dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane ha detto che gli uomini attendono dalle loro diverse religioni la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana che oggi, come ieri, agitano profondamente il suo cuore.

Che cosa è l’uomo? Quale è il senso della nostra vita? Quale è l’origine del dolore e quale è la sua finalità? Qual è la via per conseguire la vera felicità? Che cosa è la morte, il giudizio e quale la sanzione dopo la morte? Qual è infine quell’ultimo e inafferrabile mistero che avvolge la nostra esistenza dal quale procediamo e verso il quale ci dirigiamo? Impostare questi interrogativi è già di per sé formulare una domanda religiosa, ma è anche un modo, un tentativo per risolvere i massimi problemi dell’umanità. In fondo a questa risposta appare sempre Dio. Ogni uomo è chiamato ad esprimersi religiosamente. La dimensione religiosa appartiene alla sua struttura antropologica come riteneva già la scuola psicologica di Jung.

Secondo questo grande rappresentante della psicologia del profondo, gli strati più nascosti della psiche umana nella sua zona incosciente, sia personale, sia collettiva, hanno carattere religioso. L’esperienza primordiale è unica in tutte le religioni. Solo le sue interpretazioni e le sue forme di espressioni culturali e storiche variano e diventano norme nei singoli casi.

Giovanni Battista Chiaradia.