Mass-media e mentalità

Come i mass media riescono a creare una mentalità. E noi non ci accorgiamo?

28/09/1997
La sig.a G.G. mi internetta:" Nella Sua predica su Lady Diana, non ho capito bene perché Lei dia tanto peso ai mass media. Non c'erano argomenti più seri da considerare? Non sarà un po' di deformazione professionale, visto che Lei è conosciuto come specialista massmediologo? Mi vuole spiegare?"
 
Da ormai 50 anni, sono solo un modesto (benché- penso - serio) studioso dei mass media e del loro influsso sul nostro tempo.
Ed è proprio questo che mi permette di vedere con maggiore precisione - e non con "deformazione professionale" - quello che oggi sta succedendo.
Rispondo quindi volentieri alla domanda, anche se la risposta non è proprio facile, perché il fenomeno è complesso e in questa sede è possibile dare solo qualche concetto.
I tre eventi di cui parlo nella mia citata predica - l'incontro dei giovani col Papa a Parigi, la sciagura di Lady Diana, la morte di M. Teresa di Calcutta - sono diversissimi tra loro come evento; però hanno un denominatore comune: quello della "mentalità massmediale".
Anche per questo aspetto, ciascuno di essi si attua in maniera diversa in ciascuno dei tre eventi (ma questa volta vorrei fare un passo più in là). In ogni modo, devo premettere:
 
1. La mentalità" - secondo gli studiosi (dall'italiano Musatti e dal russo Vygotskij in poi, fino al "ciclo dinamico" del Moles) - è il complesso delle idee cosiddette "allo stato di opinione"; idee, cioè, che entrano in noi senza passare attraverso il vaglio della nostra ragione e quindi senza che noi ci accorgiamo di riceverle e, poi, di usarle.
La mentalità determina per gran parte (qualche scienziato dice addirittura per lâ80 per cento) il nostro comportamento effettivo.
2. I mass media, e particolarmente la televisione, data la natura "contornale" dei loro linguaggi (concretezza tangibile e non concettualità, con tutto ciò che ne consegue), sono grandi formatori di mentalità e di mentalità particolare (quantitativistica, praticamente materialistica e secolaristica), in forza delle "comunicazioni inavvertite" (non vanno confuse con le "comunicazioni subliminali") e di alcune tipiche caratteristiche, sulle quali qui non posso soffermarmi.
Comunque, entra in questo contesto anche il gioco della simpatia o antipatia; quindi adesione o repulsione e relativo accecamento, sempre su base emotiva e non razionale.
Ne abbiamo esempi quotidiani nella pubblicità: per la simpatia, suscitata dalle sue immagini, essa per lo più non lascia tempo di riflettere sull'incongruenza di quello che viene fatto vedere e/o ascoltare. P.e, chi ha mai reagito alla frase "chi mangia sano trova la natura"?
Eppure è una frase incongruente, perché ragionevolmente dovrebbe essere l'inverso: "chi trova la natura mangia sano".
Così per Lady Diana, il mito di vittima ed eroina creato sulla sua eccezionale trasgressività, ne ha fatto velare il vero aspetto dei suoi doveri - anche di rango - della donna che sposa l'erede al trono d'Inghilterra (con tutto quello che ne consegue; senza dire: non sapeva di Carlo quello che sapevano tutti, quando l'ha sposato?) e l'aspetto di madre di due figli, due adolescenti, che la vedono scorazzare per i centri turistici del Mediterraneo, facendosi sbaciucchiare da un miliardario, per di più non gradito alla nazione di cui avrebbe dovuto essere regina.
Tutto ciò produce comportamenti mentali che possono trasformarsi anche in comportamenti effettivi (p.e. il gusto della trasgressione, il puntare sul sentimentalistico; la repulsione del senso dell'ordine, presentato come oppressione; il mito della vittima o dell'eroe).
Ne abbiamo, proprio di questi giorni, due tristi esempi in quel frate e in quel figlio assassini. I mass media hanno diffuso la mentalità che il modo più comune e più efficace per difendersi è sopprimere l'avversario; ed ecco che quei due, uno per evitare una minaccia infamante, l'altro per superare la resistenza circa i soldi, strangolano: ambedue confessano di aver perso la testa e di non essere riusciti a fermarsi mentre uccidevano.
E' evidente il conflitto tra mentalità massmediale che impone di sopprimere per difendersi e ragionevolezza che manifesta l'incongruenza di quella azione.
 
3. Data questa forza di influsso dei mass media, alle spalle delle comunicazioni (in particolare o globalmente) c'è sempre qualcuno che le finanzia e le dirige ai propri scopi.
I mass media sono quindi un business, non un servizio pubblico. Ma la gente non ci pensa, perché c'è tutta un'arte - di per sè rispettabilissima - per arrivare all'effetto voluto senza che nel pubblico, anche colto, nasca il sospetto.
A questo punto sarebbe interessante vedere e cercare di capire il perché di tanta diversità dei tre casi di cui la domanda, sotto il profilo della mentalità.
Ma vorrei fare un passino più in là, forse più pratico e attuale per tutti, anche se emotivamente meno interessante.
Una cosa molto importante da rilevare è che tutti e tre i casi, pur diversissimi per molti aspetti, hanno prodotto, diciamo così, un risultato comune: la stessa Regina Elisabetta deve piegarsi alla volontà "del popolo" (o non piuttosto - dico io - "dei media", artificialmente provocati in certo modo?); di M. Teresa si predica:
dovrà essere canonizzata, magari per il Giubileo, bruciando le tappe canoniche; e dopo la Parigi del Papa, si parla di superare l'epoca delle parrocchie e di affrontare l'evangelizzazione con la tecnica delle masse.
E' dunque evidente che chi comanda oggi la società non sono l'istituzione e una giusta legge, bensì l'emozione popolare? Ma dico subito: macché emozione popolare! i mass media che sanno provocarla e dominarla.
L'emozione dei fruitori è l'arma oggi vincente di chi vuol dominare.
Infatti, al di là della politica, della sana economia, della solidarietà sociale e della stessa religione, chi ci impone un comportamento da schiavi mentali, dandoci l'illusione di essere più liberi, perché crediamo d'essere noi a decidere delle nostre scelte, è il grande business planetario dei mass media.
Capisco che con questo discorso è come volessi parlare di colori a un cieco. Ma se è un discorso di colori ai ciechi, val al pena di farlo? Io sento il dovere di farlo.
Del resto, mi accorgo che il discorso è ben capito da quelle persone intelligenti che hanno avvertito la tremenda massificazione in atto.
Dicono che noi italiani siamo intelligenti; quindi è lecito sperare...
A questi dico: c'è un solo modo per non lasciarci mettere al naso l'anellino d'oro con cui quelli del business ci possono tirare con una catenina pure d'oro dove vogliono loro.
Questo solo modo è una cosa ormai dimenticata: il dominio di sé, cioè il non lasciare che il criterio dell'emozione prevalga su quello della ragione; l'entrare più spesso dentro di noi e chiederci il perché delle cose.
 
Sempre a disposizione.
Cordialmente
P. Nazareno Taddei sj