Lo scandalo del Vaticano

Ma è vero che il Vaticano è lo scandalo della Chiesa? O è vero invece che...

10/10/1998

Il sig. M.M. mi internetta: "Ho visto pubblicato lo scritto di un sacerdote per il quale il Vaticano e' lo scandalo della Chiesa, il tradimento di Gesù Cristo. Lei cosa ne pensa?"

L'ho letto anch'io e m'ha fatto pena.

Ma dirò che il mese scorso sono stato invitato a concelebrare in S. Pietro, per la consacrazione episcopale di un mio confratello.

All'altare della Cattedra, una trentina di cardinali, più di altrettanti vescovi e almeno duecento sacerdoti (tra i quali anch'io), come la folla di fedeli, d'ogni parte del mondo, ma soprattutto giapponesi e americani, dove il mio confratello, oltre che a Roma all'Università Gregoriana, aveva svolto il suo alto ministero; e, tra la folla, diplomatici di vari Stati e anche qualche ministro dell'attuale governo italiano. Consacrante il card. Sodano, Segretario di Stato, assistito da due altri cardinali.

Una Cappella Sistina che sosteneva le parti cantate. Nel corteo, ero passato sopra la griglia dalla quale si intravede, sotto, la tomba di S. Pietro.

Ero preso dallo splendore di quei monumenti, di quei paramenti sacri, di quelle porpore e di quelle vesti violette, di quella folla venuta da ogni parte del mondo. Imponente e commovente.

Eppure - confesso - a un dato punto un pensiero ha cominciato quasi a ossessionarmi: "Dov'e' qui il Cristo Crocifisso?" Pensavo a quella griglia sopra la tomba di S. Pietro che avevo appena calpestato e mi chiedevo se era necessario tutto questo per consacrare un successore degli apostoli.

Guardavo quella folla venuta apposta da lontano, ma mi sembrava che non avesse quel mio pensiero; anzi gioisse per quella magnificenza che esaltava il loro missionario.

E mentre la lunghissima cerimonia procedeva, io concelebrante di quella Messa, cioè di quel rinnovamento della Passione di Cristo, mi rovellavo dentro e meditavo.

"Buttiamo un po' via tutto questo?", mi chiedevo.

A questa domanda, la risposta di quel sacerdote scandalizzato sarebbe stata evidentemente "sì'".

Ma avrebbe sbagliato, come - meditando - mi sono accorto anch'io che sbagliavo.

Lasciamo pur stare tutte le motivazioni storiche, giuridiche, artistiche, anche di mercato, che si possono fare e consideriamo anche solo lo spirito col quale tutti quegli splendori d'arte sono stati creati: e' il popolo cristiano (non dimentichiamo l'obolo della vedova del Vangelo) che, con o tramite i suoi alti rappresentanti, ha cercato di offrire, proprio a quel Cristo Crocifisso, quanto di piu' bello e di valido ci potesse essere sulla terra, cioè i tesori dell'intelligenza e dell'ingegno dell'uomo.

Dio e' grande; e' grande il Suo Cristo: il popolo cristiano ha voluto rappresentarne ed esaltarne la grandezza e la bellezza con i capolavori umani dell'arte.

Risposta degna all'amore di Cristo.
Ammettiamo pure che talvolta, questi tesori siano stati prodotti per ambizione o per interessi umani. Essi, comunque, sono sempre simbolo.

Vogliamo buttar via questi secoli di amore e di lode?
Certamente, deve essere identico lo spirito col quale quei tesori vengono usufruiti; spirito che comprende anche il concreto servizio per l'umanità intera, ricchi e poveri.

E qui e' il punto: di quel sacerdote e di tutti noi. In quei tesori, c'è, al fondo, l'umiltà dei "poveri di Jahve'" che Cristo ha chiamato "beati": chi cioè riconosce la grandezza di Dio e la propria estrema pochezza.

Come tiene quel sacerdote la sua chiesa, se ne tiene una in affidamento? Penso che la tenga nel modo migliore che gli è possibile, ricca o anche povera. Povera (eventualmente) perché povera, non perché uno tiene per sè quello che dovrebbe offrire a Dio e al prossimo. Infatti, in quel "miglior modo possibile", c'e' da tener conto anche della "Chiesa" fatta di anime e non solo di mattoni.

Lo stesso dicasi di tutti noi e dei magnifici templi che i secoli hanno costruito in Italia e nel mondo, seminandolo anche di martiri e di apostoli della verità, della giustizia, della carità.

Che se poi, talvolta, dietro quei tesori, possono essere allignate o allignino persone "quorum deus venter est (il cui dio e' la propria pancia)", è tutt'altro discorso.

Sempre a disposizione. Cordialmente.
 
P. Nazareno Taddei sj