La dolce morte

A proposito di eutanasia, cosa dire circa le varie istanze che…

24/06/2000

La sig. A.M.L. mi internetta: " il recente caso della giovane ventinovenne in stato vegetativo da 8 anni, ha riaperto il caso dell'eutanasia. … Il fatto che si arrivi a legalizzare l'omicidio percorrendo una strada lastricata di buone intenzioni, non ci può rassicurare. … Ma di fronte ad un caso come quello sopra citato, in cui pare non ci siano macchine che sostengano la vita (per cui sembra che non si possa parlare di accanimento terapeutico), qual è il limite oltre il quale non è lecito passare? E cosa si intende poi per accanimento terapeutico? So che in questo campo non è facile segnare una netta linea di demarcazione, almeno per noi esseri umani, ma vorrei da Lei un aiuto per capire un po' di più."

Rispondo: effettivamente "la strada lastricata di buone intenzioni" (supposto che lo siano) "non ci può rassicurare".Il problema, di per sé, è piuttosto semplice; ma diviene complesso per elementi che si ritengono "umani", ma che di fatto sono solo o soprattutto emotivi o sentimentalistici in questi casi spesso creati ad arte (dei quali pure, tuttavia, occorre tener conto); ma ciò ha aumentato la già notevole confusione mentale in corso tra la nostra gente.

L'attuale Ministro della Sanità, valente e riconosciuto terapeuta per malati di tumore, ha dichiarato che, in qualche caso, l'eutanasia può essere un atto di carità. E' una bella frase, che a prima vista sembra accettabile e addirittura cristiana; ma che a pensarci bene è quanto meno discutibile, se non da respingere: tutto sta vedere quale sia questo certo "caso".

Ricapitolo:

1. Il principio di base è che ciascun uomo, noi compresi, NON è PADRONE della propria vita, tanto meno della vita altrui, bensì è solo AMMINISTRATORE. Il motivo è semplice: nessuno di noi si è data la vita, quindi vuol dire che gliel'ha data qualcuno; la vita comunque non è sua, come dominio. Non occorre la teologia, quindi nemmeno la Chiesa o il Papa, per arrivare a questo dato certo; basta solo un po' di logica.

2. Non essendo padrone, bensì amministratore, ciascuno ha il dovere di amministrare al meglio la vita che gli è affidata. "Al meglio" significa nei campi fisico-biologico, psicologico, intellettivo, morale. Questi quattro campi sono in corrispondenza progressiva fra di loro: la ragione (campo intellettivo) viene prima dei sentimenti (campo psicologico); il campo morale viene prima di tutti gli altri, quindi prima anche dei campi psicologico e il biologico.

3. La norma morale, presa anche dalla Chiesa, non si irrigidisce e non si ferma nel dire all'ammalato che soffre: "Abbi fede e tieniti tranquillamente il male e il dolore!". Infatti, è doveroso fare tutto quello che è possibile per liberarsi dal male o, quanto meno, alleviare il dolore.

4. A questo punto:

a) l'obbligo morale di mantenere e curare la propria o altrui vita vige entro i limiti della normalità e non obbliga a cercare mezzi straordinari (anche relativamente alle possibilità economiche di ciascuno). Il "Catechismo della Chiesa Cattolica" (§2278) dice: "L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie, e proporzionalmente rispetto ai risultati attesi, può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all' "accanimento terapeutico". Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire";

b) si può ricorrere anche a sistemi che, come rovescio della medaglia, possono essere letali. Dice detto "Catechismo della Chiesa Cattolica" (§2279) : "L'uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile". Vuol dire che l'importante è scegliere questi mezzi per alleviare il dolore e non per rischiare o procurare la morte.

Come si vede, vale il "quale" e non il "quantum" dell'agire. E' un'applicazione del principio morale cosiddetto "del duplice effetto".Come si vede, l'essere cristiano e cattolico non è un limite o una gabbia, bensì è un grosso aiuto per sapere come comportarsi e come poter essere aiutati - e spesso aiutati di fatto - dall'alto, nelle situazioni difficili e incresciose, sempre dolorose.

L'"accanimento terapeutico" - se non erro, perché mi pare ci sia un po' di confusione nel definirlo - consiste nel tenere artificialmente in vita (si fa per dire) una persona che di fatto è già morta. Rientra dunque in quanto detto qui sopra al 4a.

Piuttosto, quando si può dire che è sopraggiunta la morte in una persona? La scienza risponde: quando è interrotta ogni attività cerebrale, quando cioè il relativo diagramma è piatto. Cosa penso del caso citato dalla sig. A.M.L.? Non l'ho seguito particolarmente e non so se ci sono o non ci sono gli elementi di cui qui sopra al 4. In questo e in altri casi del genere, conviene astenersi dal trarre conclusioni pro o contro, se non si hanno sufficienti informazioni circa la reale entità del caso.

Un'ultima considerazione: ho l'impressione che anche nell'occasione di questo caso si approfitti per creare confusione mentale circa un problema così importante, caricando il tutto di sentimentalismo sotto la maschera di "umano". Penso occorra non farsi imbrogliare.

Sempre a disposizione, cordialmente
 
P. Nazareno Taddei sj