Il Vangelo come «segno» - di Don Adelio Cola

Sono ancora di attualità i miracoli? E tra segno e miracoli si può fare distinzione?

13/01/2007
Rispondo.
Ci può venire in aiuto la lettura del Vangelo di Marco (Mc 7.31-37), dove ha riferito il miracolo di Gesù che risana un sordomuto.
È la frase finale del redattore che mi ha colpito: “Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!”.
I testimoni, dunque, hanno capito che quello al quale avevano assistito non era soltanto un fatto eccezionale ma “un segno”.
Quest’ultimo termine non è sinonimo di miracolo. Segno è propriamente qualunque realtà materiale che di sua natura invia ad un’altra non materiale. Diciamo segno, ad esempio, quello stradale di svolta o di senso obbligato che, percepito dall’autista, gli ricorda la volontà di chi lo ha fatto esporre per indicargli la direzione che deve seguire.
Nel caso del brano di Vangelo sopracitato, miracolo era la realtà vista da coloro che erano presenti alla guarigione operata da Gesù sul sordomuto; segno è lo stesso fatto miracoloso nella realtà soprannaturale alla quale esso rimandava. Eccezionalmente, rispetto a tante altre volte nelle quali la folla rimaneva ammirata di fronte ai miracoli di Gesù ma non li comprendeva come segni, qui i presenti “vanno al di là” del miracolo e riconoscono in Gesù taumaturgo Dio stesso, perché soltanto Dio può guarire un sordomuto.
Ripensiamo, per confronto, alla reazione delle migliaia di affamati che mangiarono il poco pane e pesce offerti da un ragazzo dopo giorni che la gente seguiva Gesù nel suo viaggio apostolico. Applaudirono al miracolo della moltiplicazione del cibo ed esaltarono l’autore del prodigio, perché videro in esso un miracolo appunto ma “non andarono più in là”, non l’hanno letto cioè come segno. Avrebbero dovuto ragionare così: “Quest’uomo ha fatto un miracolo ma, dal momento che i miracoli può compierli soltanto Dio, quest’uomo è anche Dio”. Il loro limite è consistito nell’incapacità di distinguere e leggere il “miracolo” come “segno”.
Sono riconoscente all’evangelista Marco, che mi ha consentito di illustrare a me stesso una realtà di fede che mi ha fatto conoscere attraverso un fatto storico da lui riferito. (Adelio Cola)