Le vie di Dio sono infinite - di Don Adelio Cola

Solo di Dio è il chiamare a sé gli uomini: nel Cristiano non deve esserci invidia verso chi viene chiamato per ultimo alla Vigna del Signore

26/05/2007
Le vie di Dio per portare alla fede e alla salvezza i suoi figli sono infinite e, per noi, sconosciute.
C’è un episodio nel libro dei Numeri (11, 25-29) del Vecchio Testamento che ci fa comprendere che la libertà dell’Onnipotente nella distribuzione dei suoi doni è talvolta per noi sorprendente e scandalosa. Non ce l’aspetteremmo proprio!
Esso viene così riassunto dal biblista Settimio Cipriani («Illuminati dalla parola»,ediz. Paoline 1981). 
«Mosè si era scelto settanta uomini, fra gli “anziani” d’Israele, perché lo coadiuvassero nella direzione del popolo. A tale scopo, però, essi avevano bisogno dello “spirito” che Dio aveva concesso abbondantemente a Mosè. Nel giorno stabilito essi si radunaronoalla tenda del convegno. - Allora il Signore scese nella nube e parlò a Mosè; prese lo spirito che era su di lui e lo infuse sui settanta uomini: quando lo spirito si fu posato su di essi, quelli profetizzarono, ma non lo fecero più in seguito -. E questo perché Dio è sovrano dello “spirito”: lo dà, lo ritira, lo distribuisce come vuole e quando vuole».
Qualche cosa di simile è raccontato dall’evangelista Marco (9, 38-41): «Maestro, dice un giovane zelante ma geloso rivolgendosi a Gesù, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri! Non glielo impedite, risponde il Maestro, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è contro di noi, è per noi».
«Ci sono porzioni di verità e di bontà anche altrove, che già sono un segno della presenza di Gesù nel mondo: proprio questa può essere la via che porta lentamente a Lui. Qualsiasi pur tenue pista nel deserto è sufficiente per arrivare misteriosamente al cuore degli uomini» (Settimio Cipriani).
Il caso di Cornelio, riferito dal libro Atti degli Apostoli (10, 1-48) del Nuovo Testamento è abbastanza simile al precedente.
Il protagonista «era un ufficiale dell’esercito romano che comandava il reparto italiano. Egli era un uomo religioso e con tutta la sua famiglia credeva in Dio». Per approfondire la conoscenza della verità invita l’apostolo Pietro a fargli visita ed istruirlo. «Conversando con lui [Pietro] entrò in casa. Qui trovò tutti quelli che si erano riuniti e disse loro: Voi sapete che non è lecito a un Ebreo stare con un pagano o entrare in casa sua. Ma Dio mi ha mostrato che non si deve evitare nessun uomo come impuro… Davvero mi rendo conto che Dio tratta tutti alla stessa maniera; egli infatti ama tutti quelli che credono in lui e vivono secondo la sua volontà, senza guardare al popolo al quale appartengono Mentre Pietro stava ancora parlando, lo Spirito Santo venne su tutti quelli che lo ascoltavano. I credenti di origine ebraica che erano venuti con Pietro rimasero molto meravigliati per il fatto che il dono dello Spirito Santo veniva dato anche ai pagani…Allora Pietro disse: come si può ancora impedire che siano battezzati con l’acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo come noi? Allora ordinò di battezzarli nel nome di Gesù Cristo».
È Dio che ha fatto il cuore degli uomini, soltanto Lui conosce le strade misteriose attraverso le quali convertirli e salvarli. Esige la collaborazione missionaria di coloro che già possiedono la fede ma la capacità di arrivare al cuore delle persone è soltanto Sua.
Nel cristiano che professa la sua fede non ci deve essere posto per gelosia ed invidia verso chi non appartiene alla sua chiesa eppure agisce rettamente, fa del bene e si guadagna stima ed onore dai pagani. Dio attira tutti a sé nei modi più impensati e rimprovera chi pretende privilegi per sé e coltiva implicite e inconfessabili esclusioni (razziste!) nei riguardi di coloro che non sono dei nostri. «Sei forse invidioso perché io sono buono? Non posso fare del mio quello che voglio?», ripeterebbe a questo punto Gesù, il padrone della vigna, all’operaio che si lamenta perché tratta l’ultimo collega arruolato al lavoro come lui che ha sopportato la fatica e il caldo della giornata.
Cordialmente (Don Adelio Cola)